venerdì 26 febbraio 2010

La nostra lotta non si ferma!

Qualsiasi provvedimento legislativo, inevitabilmente, lascia scontento qualcuno: è il normale gioco di maggioranza e minoranza, il succo della democrazia. Ma quando una Giunta Provinciale è costretta a muoversi così in fretta, nottetempo e di nascosto, allora è evidente che essa ha capito di non essere più maggioranza, ma ha deciso di far finta di nulla e di andare avanti per la sua strada.

Questo è grave. Ma ancora più grave è che la Giunta Provinciale, con la delibera “carbonara” di martedì sera, non ha compiuto una svolta, ma ha mostrato in realtà soltanto coerenza. Coerenza innanzitutto con la propria arroganza, avendo fatto finta di essere sola fin dall’inizio, mostrando di non avere bisogno di interlocutori e interpretando la legittima necessità di assumersi la responsabilità politica del riordino della scuola come una sorta di investitura assoluta e incontestabile.

Al di là della forma, però, va detto che questa Giunta si è dimostrata coerente anche con i contenuti della sua riforma. Seppur spezzettata in delibere diverse e bilanciando le responsabilità locali con quelle nazionali, la manovra Dellai/Dalmaso segue infatti le stesse logiche di quella firmata Tremonti/Gelmini, che non sono banalmente – come qualche ingenuo ha sostenuto – quelle dei tagli alle risorse e al personale della scuola, ma rispondono invece a un disegno preciso, chiaro e inequivocabile, evidente a chiunque si prenda la briga di leggere le parole di cui la riforma è composta: razionalizzazione, semplificazione, esternalizzazione, ovvero meno tempo scuola, meno discipline, meno selezione, meno specificità, meno approfondimento... Un disegno pedagogico e politico finalizzato a produrre cittadini meno accorti, meno colti, meno critici, e quindi più docili al comando, e che dietro la formula magica del cosiddetto «successo formativo», ripetutamente citata dall’assessore Dalmaso, nasconde la creazione di una scuola d’élite, nella quale – per citare testualmente Rosario Drago, membro del gruppo di “esperti” creato dal Servizio Istruzione della Provincia per il riordino dei piani di studio e, non a caso, consulente da ormai molti anni del Ministero dell’Istruzione – bisogna smetterla di «dare il pane degli angeli anche ai figli degli operai e dei contadini» perché questo «ha prodotto un calo di qualità nei licei e negli istituti professionali». È contro questa visione classista e antidemocratica della scuola che noi ci battiamo, e continueremo a batterci finché avremo fiato in gola.

Ad acuire i dubbi sullo stato di salute della nostra democrazia e sulla trasparenza dei suoi protagonisti politici, c’è poi il fatto che a produrre questa riforma sia proprio un assessore espressione del Partito Democratico – che a Roma denuncia la pericolosità di questo disegno, ma che qui appoggia incondizionatamente la Giunta di Dellai – e che ad opporvisi con decisione in Consiglio Provinciale sia proprio quella destra che a Roma invece la fa diventare Legge dello Stato.

Come tutte le nostre iniziative, anche questo nostro articolo, se avrà l’onore di essere commentato dai nostri assessori, sarà probabilmente bollato di demagogia, ideologia e ignoranza, e ci diranno ancora una volta di essere nient’altro che «pochi insegnanti sindacalizzati», contestatori di professione. Liberi di farlo, ma sappiano che invece siamo in tanti: famiglie disorientate, studenti preoccupati, insegnanti che vorrebbero fare il loro lavoro con serietà e dignità, anziché doversi occupare di queste cose, faticando per organizzarsi da soli, senza alcuna esperienza, ma con grande determinazione. La stessa determinazione che oggi, all’indomani del blitz governativo, ci spinge a proseguire nella difesa del nostro diritto ad una scuola migliore: pubblica, inclusiva e laica, strategica, democratica e trasparente, autonoma e aperta. Continueremo a difendere questo diritto portando le nostre critiche e le nostre proposte nella discussione sugli aspetti che saranno oggetto delle prossime delibere (quadri orari, tempo scuola, durata delle unità di insegnamento, ecc.), ma anche lavorando concretamente all’interno delle scuole, nei collegi docenti, nei dipartimenti, nei consigli di classe. A prescindere dalle norme che questa Giunta e questo Governo ci vorranno imporre.

Ag e Nz

2 commenti:

Anonimo ha detto...

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Trento-Delibera-Dalmaso-chi-ha-vinto-e-chi-ha-perso/4079


Trento - Delibera Dalmaso: chi ha vinto e chi ha perso?
26 / 2 / 2010

Due cortei che hanno portato in piazza migliaia di studenti, autogestioni, presidi, iniziative simboliche che hanno rovesciato ghiaccio sul tavolo delle trattative. Dopo mesi in cui abbiamo provato in ogni modo a farci sentire chiedendo di poter decidere insieme il futuro della scuola la delibera provinciale è stata approvata.

Chi ha vinto e chi ha perso?

Avete vinto voi. Votando di notte la delibera che tante perplessità aveva sollevato avete raggiunto il vostro obbiettivo. Senza eccessivi ritardi, senza sbavature, con qualche piccola concessione che senza ipocrisia possiamo chiamare "contentino". Ma nello stesso tempo avete perso, e non solo rispetto al futuro della scuola che era in discussione.

Avete perso di credibilità agli occhi di noi studenti.

Ha perso l'autoritarismo del Dellai che chiama pappagalli gli studenti e il paternalismo stanco della mamma Dalmaso sempre pronta a segnalare gli errori degli altri.

Hanno perso tutti i contrari "per un instante", ora tornati nei ranghi della maggioranza consigliare. Dove sono finiti Bruno Dorigatti, Sara Ferrari, Margherita Cogo? Moderni desaparecidos?

Hanno perso i partiti - vecchi e inutili baracconi - che non contengono nulla, vuoti di idee e privi di coraggio. E con loro i segretari alla Lunelli, distanti per pochi minuti dalla linea del Principe per poi riallinearsi prontamente al primo richiamo.

Hanno perso gli opportunisti come il leghista Civettini, pronto a strumentalizzare la nostra lotta farneticando di un suo imminente sciopero della fame. Chiediamo a lui - e a tutti coloro che hanno provato ad utilizzare per fini elettorali le nostre mobilitazioni - di portare alle massime conseguenze le iniziative di sciopero della fame. Questo loro gesto garantirebbe quantomeno una migliore ecologia della politica.

Hanno perso i sindacati balbuzienti o muti. Ha perso la CGIL troppo impegnata ad organizzare qualche pullman diretto a Roma a contestare la riforma Gelmini o a risanare le proprie fratture in vista del prossimo congresso.

Hanno perso insegnanti e dirigenti scolastici, incapaci di uscire da una logica corporativistica che li vede attenti solo ed esclusivamente ai loro interessi.

E noi? Il voto di martedì notte ci dovrebbe inserire al primo posto degli sconfitti. Le nostre mobilitazioni non sono riuscite a bloccare la riforma, ma in tutti questi mesi siamo riusciti a divertirci - cosa che a voi risulta ormai impossibile - dando forma ad una comunità vitale composta da centinaia di studenti.

Studenti che hanno creduto per tutti questi mesi nella possibilità di aprire una discussione collettiva che mettesse al centro il futuro della scuola trentina.

Studenti che dopo avervi conosciuto - e aver conosciuto il vostro modo di comportarvi - ora sperano di poter costruire un mondo futuro che non contempli la vostra presenza. Il nostro voto nei vostri confronti non supera il 3.

Coordinamento dei Collettivi

Anonimo ha detto...

Il parere fortemente critico degli studenti è il naturale evolversi di quel distacco generazionale che aiuta i giovani a crescere.
Molti insegnanti hanno condiviso lo sforzo degli studenti in disaccordo con una politica che penalizza gli uni e gli altri.
Come me, molti docenti si sentiranno sconfitti, nel loro ruolo di elettori e di lavoratori.
Una sconfitta che pesa soprattutto perchè priva di sponde politiche credibili.
"Arrivano i nostri": l'ancora di salvezza che il Trentino non può invocare, stretto com'è tra un governo centrale che spaccia i tagli per ricerca della qualità ed uno locale che premia l'istruzione privata, nega l'evidenza di una razionalizzazione al ribasso e critica Roma per copiarne poi il peggio.