Insegno da quasi vent’anni italiano e latino nei licei e, come moltissimi altri colleghi, ho accolto con stupore e rabbia l’annuncio del Ministro Profumo sull’ampliamento dell’orario scolastico dei docenti da 18 a 24 ore. Si tratta dell’ennesimo, umiliante provvedimento a carico di una classe lavorativa che già da qualche anno viene sistematicamente delegittimata e considerata parassitaria e privilegiata, ora dal Ministro, ma prima dall’opinione pubblica e dalla politica locale con l’avallo vergognoso di alcuni sindacati, la Cgil in primo luogo: mi riferisco alla “proposta innovativa” che ci costringe, con il machiavellico espediente del recupero orario, a prestazioni lavorative aggiuntive gratuite che dobbiamo conteggiare in modo ragionieristico: come se il lavoro di un docente si esaurisse nelle 18 ore frontali di lezione! Forse è un mio problema, ma non riesco più a sostenerle 18 ore: ho attualmente un part-time di 15 ore, con 18 ore frontali sarei costretta a lavorare molto più di 40 ore alla settimana, e un’alta percentuale delle colleghe che insegnano le mie materie si trovano nella stessa situazione.
Il lavoro di un insegnante, è fatto o meglio dovrebbe essere fatto essenzialmente di preparazione delle lezioni e di autoaggiornamento, perché i contenuti disciplinari e la didattica negli anni hanno subito inevitabili modifiche. Insegno da parecchi anni ma non mi presento mai in classe senza essermi preparata a casa ogni lezione, che sia di storia, geografia, di latino o di italiano. Ebbene non riesco più a dedicare il tempo che vorrei al lavoro di preparazione, e ciò necessariamente impoverisce quella che dovrebbe essere l’offerta didattica; devo inoltre preparare e correggere le verifiche (in media un tema di italiano richiede 45 minuti di tempo per essere corretto e giudicato, altrettanto un tema di latino, a proposito di conteggi!), devo programmare il mio lavoro, scrivere relazioni, partecipare a riunioni di dipartimento, a consigli di classe, scrutini e collegi docenti, preparare ed effettuare corsi di recupero, partecipare ai corsi di aggiornamento, tenere i rapporti con le famiglie con udienze settimanali e generali, supplire i colleghi assenti, utilizzare il registro elettronico per l’immissone dei voti, sorvegliare gli alunni durante la ricreazione. Si provi a conteggiare tutto ciò in termini di ore di lavoro!!
Quanto vale la mia professionalità? Quanto in termini di valore educativo, considerazione sociale ed economica? Che ne sarebbe della qualità del mio lavoro, già messa a dura prova dalla riforma Dalmaso, se dovessi preparare 9 ore di lezione in più, avere una classe o due in più? Ha ancora senso parlare di qualità nel nostro lavoro?
Sabrina Flessati
Insegnante presso il Liceo Linguistico “Trento”
Iscritta Sgst Fenalt
Il lavoro di un insegnante, è fatto o meglio dovrebbe essere fatto essenzialmente di preparazione delle lezioni e di autoaggiornamento, perché i contenuti disciplinari e la didattica negli anni hanno subito inevitabili modifiche. Insegno da parecchi anni ma non mi presento mai in classe senza essermi preparata a casa ogni lezione, che sia di storia, geografia, di latino o di italiano. Ebbene non riesco più a dedicare il tempo che vorrei al lavoro di preparazione, e ciò necessariamente impoverisce quella che dovrebbe essere l’offerta didattica; devo inoltre preparare e correggere le verifiche (in media un tema di italiano richiede 45 minuti di tempo per essere corretto e giudicato, altrettanto un tema di latino, a proposito di conteggi!), devo programmare il mio lavoro, scrivere relazioni, partecipare a riunioni di dipartimento, a consigli di classe, scrutini e collegi docenti, preparare ed effettuare corsi di recupero, partecipare ai corsi di aggiornamento, tenere i rapporti con le famiglie con udienze settimanali e generali, supplire i colleghi assenti, utilizzare il registro elettronico per l’immissone dei voti, sorvegliare gli alunni durante la ricreazione. Si provi a conteggiare tutto ciò in termini di ore di lavoro!!
Quanto vale la mia professionalità? Quanto in termini di valore educativo, considerazione sociale ed economica? Che ne sarebbe della qualità del mio lavoro, già messa a dura prova dalla riforma Dalmaso, se dovessi preparare 9 ore di lezione in più, avere una classe o due in più? Ha ancora senso parlare di qualità nel nostro lavoro?
Sabrina Flessati
Insegnante presso il Liceo Linguistico “Trento”
Iscritta Sgst Fenalt
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