Dal sito di "Repubblica" di oggi
http://www.repubblica.it/scuola/2012/10/31/news/prof_orario_3-45316942/?ref=NRCT-45624293-2
mercoledì 31 ottobre 2012
lunedì 29 ottobre 2012
quanto lavora un docente?
Cari colleghi, spero che la mia ricerca possa essere utile.
Mi sono basata su dati della mia scuola - Liceo Scientifico - ma credo che il discorso possa essere esteso anche ad altre tipologie di istituti. Se ho sbagliato nel calcolo, sicuramente è per difetto, ma almeno è un punto di partenza.
Prospetto attuale delle ore lavorative di un docente
Nel preparare le tabelle in allegato ho preso in considerazione varie tipologie di cattedre e alla fine fatto una media delle ore.
Ho considerato la situazione ottimale di una classe con 20 studenti (nella realtà il numero di studenti è maggiore specialmente al biennio, dove si arriva anche a 28 studenti).
Prospetto attuale delle ore lavorative di un docente
Nel preparare le tabelle in allegato ho preso in considerazione varie tipologie di cattedre e alla fine fatto una media delle ore.
Ho considerato la situazione ottimale di una classe con 20 studenti (nella realtà il numero di studenti è maggiore specialmente al biennio, dove si arriva anche a 28 studenti).
Ho considerato che il numero di verifiche scritte sia il minimo previsto, cioè 6 all’anno per le materie che prevedono la valutazione dello scritto in pagella; nella realtà il numero di verifiche è notevolmente maggiore, specialmente per alcune discipline.
Ho considerato due valutazioni scritte per le materie che non prevedono lo scritto in pagella (una al quadrimestre).
Ho considerato due valutazioni scritte per le materie che non prevedono lo scritto in pagella (una al quadrimestre).
I docenti di materie che non prevedono lo scritto obbligatorio, in genere hanno un maggior numero di classi e compensano con un maggior impegno di partecipazione a consigli di classe, udienze.
La parte di impegni comune a tutti i docenti è facilmente documentabile.
La parte difficile da calcolare è il tempo che ciascun docente dedica alla preparazione delle verifiche, alla correzione e alla valutazione.
La parte difficile da calcolare è il tempo che ciascun docente dedica alla preparazione delle verifiche, alla correzione e alla valutazione.
Per tutte le materie ho considerato in 1 ora e 30 minuti la predisposizione di una verifica. Tanti docenti non lasciano il testo delle verifiche ai ragazzi perché intendono riciclare la verifica negli anni. Il tempo dedicato alla predisposizione di una prova è quindi difficilmente quantificabile.
Per la correzione, la valutazione e la registrazione dei voti ho calcolato in media 15 minuti per studente; nel caso di 20 studenti il tempo diventa 300 minuti, pari a 5 ore.
Sono consapevole che correggere un tema di italiano comporta tempi più lunghi di quelli di altri temi e che la correzione di una verifica a risposta multipla è sicuramente più veloce. Per contro preparare una verifica o un test a risposta multipla, specialmente se lo si carica in rete richiede veramente molto tempo.
In un anno scolastico, cioè in 46 settimane lavorative (52 settimane in un anno meno le 6 settimane di ferie) le ore lavorate sono 1908.
Settimanalmente risultano 41,3 ore pari a 8.29 ore al giorno.
Da quanto emerso, si evince che gran parte del lavoro, quello riguardante la preparazione delle lezioni, la predisposizione e la correzione delle verifiche avviene per la maggioranza dei docenti dopo cena, di sabato e/o di domenica.
Perché?
Perché durante i pomeriggi che restano liberi dalle varie riunioni (collegi, consigli, aggiornamento, dipartimenti, recuperi, sportelli) svolgiamo altre attività che la società e le famiglie richiedono alla scuola: dai corsi in preparazione alle certificazioni linguistiche, informatiche, ai corsi di recupero, agli approfondimenti, alle olimpiadi varie ecc…
Al docente si chiede, giustamente, che le verifiche vengano riconsegnate corrette agli studenti in tempi brevi quindi si lavora di sera.
L’orario di cattedra portato a 24, ma anche a 20 o 21, oltre al gravissimo drastico taglio di posti di lavoro, comporterà un aumento “non solo” di 6 ore frontali (comunque di un terzo dell’attuale orario di cattedra), ma soprattutto del lavoro sommerso legato alla funzione docente.
Poiché il Ministro e gran parte della società non vede o non vuole vedere questo, barricandosi dietro alla ormai scontata battuta “gli insegnanti lavorano solo 18 ore”, mi chiedo se non sia il caso di chiedere con forza di avere anche noi, come gli altri lavoratori, il cartellino da timbrare e 36 ore settimanali come tutti gli impiegati.
Questo comporterebbe:
- avere degli spazi a scuola dove lavorare al pomeriggio (preparare lezioni e materiale didattico – usando finalmente computer, stampanti, carta, cartucce della scuola e non personali - correggere);
- sabato libero per tutti;
- orario flessibile;
- 7 ½ ore dal lunedì al venerdì;
- 6 ore il sabato;
- non portarsi lavoro a casa;
- poter usufruire tutti i giorni del buono pasto
La mia vuole essere solo una provocazione, perché mi rendo perfettamente conto che tutti i punti che ho elencato non sono realizzabili a meno di un investimento consistente, che va contro lo spirito che guida la mano del Ministro in questo momento.
Ma anche se, per miracolo, tutte le scuole si dotassero di una cinquantina di studi muniti di PC, riusciremmo a fare comunque un lavoro didatticamente pessimo.
Ma è così difficile da capire?
In ogni settore lavorativo ci sono persone che non fanno il proprio dovere, che tirano a campare lavorando il minimo indispensabile e a volte neanche quello. Anche nella scuola ci sono i “fancazzisti”, ma sono pochi. Sono però questi pochi che fanno mal vedere la categoria e lo stereotipo dell’insegnante fannullone è duro da cancellare dalla testa della gente.
Se la proposta delle 24 ore settimanali di cattedra sarà applicato, le conseguenze dal punto di vista della didattica saranno catastrofiche; saremmo costretti a:
- assegnare il minor numero di verifiche possibili;
- assegnare sempre test a risposta multipla, con correzione automatica, magari prendendoli già belli e pronti da Internet (non voglio demonizzare questo tipo di verifica, ma non può essere esaustiva e per alcune discipline non si presta proprio);
- riconsegnare le verifiche corrette dopo molto tempo, vanificando il momento del recupero;
- non avere più tempo da dedicare ai mille progetti che la scuola offre ai suoi studenti
In questo scritto ho solo accennato all’altra gravissima conseguenza che seguirebbe al passaggio a cattedre di 24 ore: il calo dei posti di lavoro.
Su questo punto lascio lo spazio ad altri più informati di me sull’argomento.
Per la correzione, la valutazione e la registrazione dei voti ho calcolato in media 15 minuti per studente; nel caso di 20 studenti il tempo diventa 300 minuti, pari a 5 ore.
Sono consapevole che correggere un tema di italiano comporta tempi più lunghi di quelli di altri temi e che la correzione di una verifica a risposta multipla è sicuramente più veloce. Per contro preparare una verifica o un test a risposta multipla, specialmente se lo si carica in rete richiede veramente molto tempo.
In un anno scolastico, cioè in 46 settimane lavorative (52 settimane in un anno meno le 6 settimane di ferie) le ore lavorate sono 1908.
Settimanalmente risultano 41,3 ore pari a 8.29 ore al giorno.
Da quanto emerso, si evince che gran parte del lavoro, quello riguardante la preparazione delle lezioni, la predisposizione e la correzione delle verifiche avviene per la maggioranza dei docenti dopo cena, di sabato e/o di domenica.
Perché?
Perché durante i pomeriggi che restano liberi dalle varie riunioni (collegi, consigli, aggiornamento, dipartimenti, recuperi, sportelli) svolgiamo altre attività che la società e le famiglie richiedono alla scuola: dai corsi in preparazione alle certificazioni linguistiche, informatiche, ai corsi di recupero, agli approfondimenti, alle olimpiadi varie ecc…
Al docente si chiede, giustamente, che le verifiche vengano riconsegnate corrette agli studenti in tempi brevi quindi si lavora di sera.
L’orario di cattedra portato a 24, ma anche a 20 o 21, oltre al gravissimo drastico taglio di posti di lavoro, comporterà un aumento “non solo” di 6 ore frontali (comunque di un terzo dell’attuale orario di cattedra), ma soprattutto del lavoro sommerso legato alla funzione docente.
Poiché il Ministro e gran parte della società non vede o non vuole vedere questo, barricandosi dietro alla ormai scontata battuta “gli insegnanti lavorano solo 18 ore”, mi chiedo se non sia il caso di chiedere con forza di avere anche noi, come gli altri lavoratori, il cartellino da timbrare e 36 ore settimanali come tutti gli impiegati.
Questo comporterebbe:
- avere degli spazi a scuola dove lavorare al pomeriggio (preparare lezioni e materiale didattico – usando finalmente computer, stampanti, carta, cartucce della scuola e non personali - correggere);
- sabato libero per tutti;
- orario flessibile;
- 7 ½ ore dal lunedì al venerdì;
- 6 ore il sabato;
- non portarsi lavoro a casa;
- poter usufruire tutti i giorni del buono pasto
La mia vuole essere solo una provocazione, perché mi rendo perfettamente conto che tutti i punti che ho elencato non sono realizzabili a meno di un investimento consistente, che va contro lo spirito che guida la mano del Ministro in questo momento.
Ma anche se, per miracolo, tutte le scuole si dotassero di una cinquantina di studi muniti di PC, riusciremmo a fare comunque un lavoro didatticamente pessimo.
Ma è così difficile da capire?
In ogni settore lavorativo ci sono persone che non fanno il proprio dovere, che tirano a campare lavorando il minimo indispensabile e a volte neanche quello. Anche nella scuola ci sono i “fancazzisti”, ma sono pochi. Sono però questi pochi che fanno mal vedere la categoria e lo stereotipo dell’insegnante fannullone è duro da cancellare dalla testa della gente.
Se la proposta delle 24 ore settimanali di cattedra sarà applicato, le conseguenze dal punto di vista della didattica saranno catastrofiche; saremmo costretti a:
- assegnare il minor numero di verifiche possibili;
- assegnare sempre test a risposta multipla, con correzione automatica, magari prendendoli già belli e pronti da Internet (non voglio demonizzare questo tipo di verifica, ma non può essere esaustiva e per alcune discipline non si presta proprio);
- riconsegnare le verifiche corrette dopo molto tempo, vanificando il momento del recupero;
- non avere più tempo da dedicare ai mille progetti che la scuola offre ai suoi studenti
In questo scritto ho solo accennato all’altra gravissima conseguenza che seguirebbe al passaggio a cattedre di 24 ore: il calo dei posti di lavoro.
Su questo punto lascio lo spazio ad altri più informati di me sull’argomento.
una cosa e il suo contrario
su l'Adige di oggi
Leggo con un certo stupore da L'Adige di oggi (26 ottobre ndr) che il Sottosegretario al Ministero dell'Istruzione, Marco Rossi Doria, sarebbe favorevole al cambiamento della norma, inserita nella legge di stabilitá, che prevederebbe un innalzamento dell'orario settimanale di lezione per gli insegnanti della scuola secondaria da diciotto a ventiquattro ore, norma che é stata proposta dal Governo italiano del quale, se non sbaglio, il signor Rossi Doria fa parte.
Leggo con un certo stupore da L'Adige di oggi (26 ottobre ndr) che il Sottosegretario al Ministero dell'Istruzione, Marco Rossi Doria, sarebbe favorevole al cambiamento della norma, inserita nella legge di stabilitá, che prevederebbe un innalzamento dell'orario settimanale di lezione per gli insegnanti della scuola secondaria da diciotto a ventiquattro ore, norma che é stata proposta dal Governo italiano del quale, se non sbaglio, il signor Rossi Doria fa parte.
Si può sostenere una cosa e il suo contrario? Sembra di sí.
Nel medesimo intervento il Sottosegretario, dopo aver denunciato i tagli che negli ultimi anni hanno gravemente compromesso il buon funzionamento della Scuola della Repubblica, auspica un'improcrastinabile inversione di tendenza: "occorre mettere a disposizione le risorse necessarie". Poi però (l'articolo prosegue a pag. 63) precisa che nelle prossime settimane "occorrerá trovare le risorse con cui far fronte al risparmio di 182 milioni di Euro previsto nella spending review per il MIUR".
Si può sostenere una cosa e il suo contrario? Sembra proprio di sí.
Lorenzo Bonfatti
domenica 28 ottobre 2012
media-azione
Spett. redazione de L'Adige
dopo aver atteso invano stamane la chiamata del vostro redattore, alla cui segretaria avevo lasciato il mio numero di telefono, chiedo, con questa mail, a nome di tutti i colleghi del Liceo da Vinci firmatari del documento inviatovi ieri pomeriggio, la tempestiva rettifica di quanto riportato nell'edizione odierna del vostro giornale a pag. 25, nell'articolo -anonimo- dal titolo AL DA VINCI NIENTE UDIENZE.
Dal titolo e dal contenuto dell'articolo sembra che una delle forma di protesta attuate dai docenti del da Vinci sia -cito testualmente- la sospensione delle udienze di metà quadrimestre alle famiglie .
Ciò è completamente falso ed è l 'ennesima dimostrazione della superficialità e ignoranza con cui si affrontano le problematiche legate al mondo scolastico: nel documento in questione infatti non vi è nessun riferimento alle udienze, né questa parola è mai citata. Sarebbe bastato chiedere a qualsiasi docente per sapere che comunicazione del profitto di metà quadrimestre alle famiglie è la definizione tecnica delle cosiddette pagelline, un foglio compilato dai docenti dopo i consigli di classe di metà novembre e consegnato alle famiglie nel quale è riassunta la situazione scolastica dello studente in termini di profitto e assenze all'incirca a metà quadrimestre. Niente a che spartire con le udienze quindi.Spiace poi constatare ,oltre alla tendenziosità del commento "quasi a giustificarsi " in un testo che dovrebbe essere informativo, come ,con la scelta di questo titolo, sia stata messa in secondo piano la nostra iniziativa primaria, attuata da numerose altre scuole in tutta Italia, e cioè la Lezione ( o didattica ) essenziale, nella quale il docente mostra concretamente ciò che sta dietro il proprio lavoro giornaliero in classe , spiegando , ad esempio ,come avviene la costruzione e la correzione di una prova, la preparazione di una lezione, la programmazione di una unità didattica e altro , per far capire ai ragazzi come la lezione in classe sia l'ultima tappa di un percorso complesso fatto di studio, confronto, approfondimento e aggiornamento continuo da parte del docente.
distinti saluti
Massimo Pellegrini
docente del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci -Trento
dopo aver atteso invano stamane la chiamata del vostro redattore, alla cui segretaria avevo lasciato il mio numero di telefono, chiedo, con questa mail, a nome di tutti i colleghi del Liceo da Vinci firmatari del documento inviatovi ieri pomeriggio, la tempestiva rettifica di quanto riportato nell'edizione odierna del vostro giornale a pag. 25, nell'articolo -anonimo- dal titolo AL DA VINCI NIENTE UDIENZE.
Dal titolo e dal contenuto dell'articolo sembra che una delle forma di protesta attuate dai docenti del da Vinci sia -cito testualmente- la sospensione delle udienze di metà quadrimestre alle famiglie .
Ciò è completamente falso ed è l 'ennesima dimostrazione della superficialità e ignoranza con cui si affrontano le problematiche legate al mondo scolastico: nel documento in questione infatti non vi è nessun riferimento alle udienze, né questa parola è mai citata. Sarebbe bastato chiedere a qualsiasi docente per sapere che comunicazione del profitto di metà quadrimestre alle famiglie è la definizione tecnica delle cosiddette pagelline, un foglio compilato dai docenti dopo i consigli di classe di metà novembre e consegnato alle famiglie nel quale è riassunta la situazione scolastica dello studente in termini di profitto e assenze all'incirca a metà quadrimestre. Niente a che spartire con le udienze quindi.Spiace poi constatare ,oltre alla tendenziosità del commento "quasi a giustificarsi " in un testo che dovrebbe essere informativo, come ,con la scelta di questo titolo, sia stata messa in secondo piano la nostra iniziativa primaria, attuata da numerose altre scuole in tutta Italia, e cioè la Lezione ( o didattica ) essenziale, nella quale il docente mostra concretamente ciò che sta dietro il proprio lavoro giornaliero in classe , spiegando , ad esempio ,come avviene la costruzione e la correzione di una prova, la preparazione di una lezione, la programmazione di una unità didattica e altro , per far capire ai ragazzi come la lezione in classe sia l'ultima tappa di un percorso complesso fatto di studio, confronto, approfondimento e aggiornamento continuo da parte del docente.
distinti saluti
Massimo Pellegrini
docente del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci -Trento
il lavoro di un insegnante
su L'adige del 26 ottobre 2012
Insegno da quasi vent’anni italiano e latino nei licei e, come moltissimi altri colleghi, ho accolto con stupore e rabbia l’annuncio del Ministro Profumo sull’ampliamento dell’orario scolastico dei docenti da 18 a 24 ore. Si tratta dell’ennesimo, umiliante provvedimento a carico di una classe lavorativa che già da qualche anno viene sistematicamente delegittimata e considerata parassitaria e privilegiata, ora dal Ministro, ma prima dall’opinione pubblica e dalla politica locale con l’avallo vergognoso di alcuni sindacati, la Cgil in primo luogo: mi riferisco alla “proposta innovativa” che ci costringe, con il machiavellico espediente del recupero orario, a prestazioni lavorative aggiuntive gratuite che dobbiamo conteggiare in modo ragionieristico: come se il lavoro di un docente si esaurisse nelle 18 ore frontali di lezione! Forse è un mio problema, ma non riesco più a sostenerle 18 ore: ho attualmente un part-time di 15 ore, con 18 ore frontali sarei costretta a lavorare molto più di 40 ore alla settimana, e un’alta percentuale delle colleghe che insegnano le mie materie si trovano nella stessa situazione.
Il lavoro di un insegnante, è fatto o meglio dovrebbe essere fatto essenzialmente di preparazione delle lezioni e di autoaggiornamento, perché i contenuti disciplinari e la didattica negli anni hanno subito inevitabili modifiche. Insegno da parecchi anni ma non mi presento mai in classe senza essermi preparata a casa ogni lezione, che sia di storia, geografia, di latino o di italiano. Ebbene non riesco più a dedicare il tempo che vorrei al lavoro di preparazione, e ciò necessariamente impoverisce quella che dovrebbe essere l’offerta didattica; devo inoltre preparare e correggere le verifiche (in media un tema di italiano richiede 45 minuti di tempo per essere corretto e giudicato, altrettanto un tema di latino, a proposito di conteggi!), devo programmare il mio lavoro, scrivere relazioni, partecipare a riunioni di dipartimento, a consigli di classe, scrutini e collegi docenti, preparare ed effettuare corsi di recupero, partecipare ai corsi di aggiornamento, tenere i rapporti con le famiglie con udienze settimanali e generali, supplire i colleghi assenti, utilizzare il registro elettronico per l’immissone dei voti, sorvegliare gli alunni durante la ricreazione. Si provi a conteggiare tutto ciò in termini di ore di lavoro!!
Quanto vale la mia professionalità? Quanto in termini di valore educativo, considerazione sociale ed economica? Che ne sarebbe della qualità del mio lavoro, già messa a dura prova dalla riforma Dalmaso, se dovessi preparare 9 ore di lezione in più, avere una classe o due in più? Ha ancora senso parlare di qualità nel nostro lavoro?
Sabrina Flessati
Insegnante presso il Liceo Linguistico “Trento”
Iscritta Sgst Fenalt
Il lavoro di un insegnante, è fatto o meglio dovrebbe essere fatto essenzialmente di preparazione delle lezioni e di autoaggiornamento, perché i contenuti disciplinari e la didattica negli anni hanno subito inevitabili modifiche. Insegno da parecchi anni ma non mi presento mai in classe senza essermi preparata a casa ogni lezione, che sia di storia, geografia, di latino o di italiano. Ebbene non riesco più a dedicare il tempo che vorrei al lavoro di preparazione, e ciò necessariamente impoverisce quella che dovrebbe essere l’offerta didattica; devo inoltre preparare e correggere le verifiche (in media un tema di italiano richiede 45 minuti di tempo per essere corretto e giudicato, altrettanto un tema di latino, a proposito di conteggi!), devo programmare il mio lavoro, scrivere relazioni, partecipare a riunioni di dipartimento, a consigli di classe, scrutini e collegi docenti, preparare ed effettuare corsi di recupero, partecipare ai corsi di aggiornamento, tenere i rapporti con le famiglie con udienze settimanali e generali, supplire i colleghi assenti, utilizzare il registro elettronico per l’immissone dei voti, sorvegliare gli alunni durante la ricreazione. Si provi a conteggiare tutto ciò in termini di ore di lavoro!!
Quanto vale la mia professionalità? Quanto in termini di valore educativo, considerazione sociale ed economica? Che ne sarebbe della qualità del mio lavoro, già messa a dura prova dalla riforma Dalmaso, se dovessi preparare 9 ore di lezione in più, avere una classe o due in più? Ha ancora senso parlare di qualità nel nostro lavoro?
Sabrina Flessati
Insegnante presso il Liceo Linguistico “Trento”
Iscritta Sgst Fenalt
giovedì 25 ottobre 2012
Indignazione
Signor ministro,
mi
piacerebbe che questa mail arrivasse fino a Lei e non ad uno dei suoi segretari
o membri del suo staff, per poterLe trasmettere, con le mie parole, tutta
l'indignazione che provo per le Sue ultime dichiarazioni e per i provvedimenti
che il Suo governo intende prendere riguardo alla scuola .
Mi
presento: mi chiamo Antonietta Brillante; sono dottore di ricerca in filosofia
politica; ho ottenuto tre abilitazioni alll'ultimo concorso indetto
alla fine degli anni 90; sono entrata di ruolo nella scuola pubblica nel
2004 e attualmente insegno filosofia e scienze della formazione presso il
Liceo Forteguerri di Pistoia.
In
base a quanto ho appena letto su alcuni quotidiani, Lei ha argomentato la
proposta di portare a 24 ore settimanali l'attività di insegnamento dei docenti
della scuola secondaria, sostenendo che "bisogna portare il livello
di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale".
Mi
chiedo e Le chiedo se Lei è mai stato in una scuola di un Paese dell'Europa
occidentale, possibilmente del nord-Europa. E' un interrogativo che non mi
pongo da oggi, ma che oggi, a fronte delle Sue ultime dichiarazioni, si fa più
impellente ed esige una risposta precisa.
Ebbene,
io Le posso dire che ci sono stata. Quattro anni fa, sono stata in
Danimarca, in un paesino dello Jutland, Skive, per due settimane. Ho
accompagnato una classe ad uno scambio e, dal momento che insegno in un Liceo
pedagogico, abbiamo visitato, full-time, per 14 giorni, scuole di ogni ordine e
grado: dai Kindergarten ai Licei. Le posso anche dire che le nostre scuole, per
quanto riguarda le strutture, i materiali didattici, gli spazi e i tempi della
didattica, sono proprie di un Paese arretrato e sottosviluppato: e di questo,
la responsabilità è di chi ha deciso, da vent'anni a questa parte che, prima,
per entrare in Europa, poi, per far fronte alla crisi, bisogna tagliare la
spesa pubblica, cioè la scuola, la sanità, le pensioni (sia mai le spese
militari - vedi acquisto degli F 135 - o le missioni militari all'estero).
Per inciso, "ricette" per le quali non è necessario un governo di
"tecnici", né lo stipendio di ministro o di parlamentare: le
saprei proporre pure io, che mi occupo di altro e ho ben altre
competenze.
A
Skive mi sono resa conto che, per quanto riguarda il curriculum di studi e la
didattica, con eccezione di quella che prevede l'uso di laboratori, noi non
abbiamo niente da invidiare ai Paesi europei. Non solo il livello di
preparazione dei colleghi danesi non era certo superiore al mio o a quello di
molti colleghi italiani, ma ho anche rilevato che, per quanto riguarda lo
studio analitico dei testi e delle fonti (siano essi letterari, storici o
filosofici), mediante il quale gli alunni conseguono diverse
competenze, molti docenti italiani potrebbero avere qualcosa da insegnare a
quei colleghi.
A
Skive ho anche scoperto che i colleghi danesi, che lavorano 18 ore alla
settimana, per un anno scolastico di 200 giorni, percepiscono uno stipendio
medio di 3.000 euro (parlo di 4 anni fa), a fronte di uno stipendio,
quale è il mio, di 1.380 euro, che tale resterà fino al 2017. Non solo:
i colleghi di Skive, quando hanno compiti da correggere, inviano una copia in
un ufficio a Copenaghen, che calcola il tempo medio di correzione per il numero
di alunni e computa, su quelle basi, un compenso aggiuntivo. I docenti di Skive
non devono controllare gli alunni durante i lunghi intervalli e neppure hanno
l'obbligo di incontrarsi con i genitori, perché il rapporto privilegiato è
quello diretto: docente-discente (unica eccezione: 5 minuti di colloquio a
quadrimestre, concessi ai genitori degli alunni che frequentano il primo anno).
Ministro,
sono questi gli standard europei!
Io
sono un'ottima insegnante: non solo perché ho un livello di preparazione nelle
mie discipline persino superiore a quello che è richiesto ad un docente
di scuola superiore, ma perché ho la capacità - lo attestano i riconoscimenti
degli ex alunni e delle loro famiglie - di coinvolgere gli studenti, di
sollecitare la loro attenzione, il loro interesse e la loro curiosità.
Sono una professionista e come tale voglio essere considerata e trattata.
Questo significa anche, signor ministro, che io non lavoro 18 ore, perché,
quando torno a casa, leggo, studio, mi auto-aggiorno; preparo nuovi percorsi
didattici e di approfondimento adeguati alle classi nelle quali mi trovo ad
insegnare, che sono diverse ogni anno, e per le quali è prevista, proprio dal
Suo Ministero, una programmazione ad hoc. Correggo i compiti, tanti
compiti e non faccio test a crocette, "a risposta chiusa", per i
quali la correzione richiederebbe meno tempo e fatica, perché ritengo che con
quei test i ragazzi imparerebbero poco e la stessa valutazione non sarebbe
adeguata, ma propongo quesiti a risposte aperte e saggi brevi. E quando correggo,
non mi limito a fare segni rossi, ma suggerisco alternative corrette. Ha idea
di quanto tempo ci voglia?
Io non
sono un'eccezione tra i docenti della scuola italiana, perché, fortunatamente,
le nostre scuole possono contare su una grande maggioranza di professionisti,
che credono nel loro lavoro e lo svolgono con passione ed impegno: che
lo praticano come Beruf.
Quanto
all'aumento delle ore di insegnamento: Lei sa cosa significa insegnare, cioè
svolgere attività didattica per lo più frontale o lezione guidata, perché
non abbiamo altri strumenti a disposizione, per 24 ore alla
settimana? Lo ha mai fatto? Le posso dire una cosa: ho svolto diversi
lavori prima di incominciare ad insegnare e nulla è più faticoso che guidare un
gruppo di alunni sulla strada della conoscenza, del sapere. E' una fatica
fisica e mentale. E quello che affermo non ha niente a che vedere con il
problema della disciplina, con il fatto di dover alzare la voce per farsi
ascoltare: un problema che non ho mai avuto, neppure quando svolgevo
supplenze temporanee o insegnavo nella scuola secondaria di primo grado a
ragazzini più piccoli.
E a
proposito di standard europei, signor Ministro, mi fa piacere informarLa che
a Skive, e nelle altre scuole danesi che ho visitato, i miei colleghi non
solo non hanno cattedre di formica verde, ma hanno un piccolo studio dove
possono fermarsi, nelle ore libere tra un impegno e l'altro, e correggere
compiti, studiare, riposarsi. Hanno in dotazione computer; hanno
sale-professori attrezzate con cucine, salottini con tavolini e divani,
distributori gratuiti di bevande calde e fredde. Vuole venire a Pistoia, signor
ministro, a vedere che cosa ho a disposizione io, nella mia scuola, quando devo
restare intere giornate, perché ho riunioni pomeridiane, e non posso rientrare
a casa, non tanto perché la mia abitazione dista 40 km dalla scuola, ma perché
il servizio di trasporti regionale è talmente disastroso sulla linea
Firenze-Pistoia, che sono costretta a trascorrere intere giornate fuori casa?
Venga,
e le mostrerò volentieri la sala-professori, i bagni per gli insegnanti
e, se vorrà vederli, anche quelli per gli studenti; se viene quando il
freddo sarà arrivato, si copra bene, perché lo scorso anno, a gennaio, per
diversi giorni, la temperatura, nelle aule, non superava i 10°. Le
mostrerò volentieri le lavagne di ardesia, dove tento di presentare mappe
concettuali con gessi talmente scadenti che le cimose polverose non riescono a
cancellare i segni. Le mostrerò le poche aule che hanno carte geografiche degne
di un mercato del modernariato e quelle invece ancora più spoglie, dove, però,
può darsi che penzoli un crocifisso privo di una gamba o di un braccio.
Lei afferma
che i soldi risparmiati aumentando le nostre ore di lezione, cioè impiegando
meno personale docente e aggravando le difficoltà di una scuola già stremata,
verranno investiti in futuro per creare scuole di standard europeo. Non le
credo. Sono false promesse e pure offensive per chi nella scuola pubblica
lavora e per chi crede nella sua funzione e importanza. Se
quella fosse stata la Sua intenzione e l'intenzione del Suo
governo, avreste dovuto cominciare perlomeno a darci dei segnali nel
corso di questi mesi: non solo questi segnali non ci sono stati, ma quelli che
abbiamo visto e vediamo vanno in direzione opposta: l'affossamento e la
distruzione della scuola pubblica (per non parlare dell'università).
Il
demagogismo non mi attira, né mi attraggono le pulsioni anti-casta.
Eppure, signor Ministro mi sento di dirLe che Lei, come molti uomini e
donne che hanno responsabilità politiche, siete, parafrasando il titolo di
un bel libro di Marco Belpoliti, "senza vergogna": ed è ora, invece,
che la vergogna venga riscoperta come virtù civile, e diventi il fondamento di
un'etica pubblica, per un Paese, la cui stragrande maggioranza di cittadini e
di non-cittadini non merita di essere rappresentata e guidata
da una classe politica e "tecnica", ammesso che questa parola abbia
un senso, weberianamente miope, non lungimirante, sostanzialmente incapace
di pensare all'interesse pubblico e di agire per esso.
Domani
sarò in pazza, signor ministro, a gridare con la poca voce che ho la richiesta
delle Sue dimissioni!
Antonietta
Brillante
mercoledì 24 ottobre 2012
Lettere
L'adige, 21 ottobre 2012
Ho deciso di scrivere queste righe con qualche titubanza per una certa sensazione da goccia nell'oceano. Comunque coraggio. Cercherò di essere breve.
Sono un'insegnante di scuola primaria con contratto a tempo indeterminato. Comincio così per mettere subito le carte in tavola e precisare che scrivo per una questione di principio. Leggo da più fonti sul web che nel patto di stabilità di cui si parla in questi giorni la scuola pubblica sembra essere toccata in maniera sostanziale. Riporto qui di seguito uno stralcio che mi pare significativo, se confermato:
Legge di stabilità 2013, articolo 3,
Comma 42 - "A decorrere dal 1° settembre 2013 l'orario di impegno per l'insegnamento del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno è di 24 ore settimanali".
Mi sorprende e mi dispiace molto notare come la redazione del Vostro giornale si curi poco della Scuola pubblica. Lo ritengo un settore fondamentale per uno Stato che voglia immaginarsi civile, moderno e con qualche speranza per il futuro. Quindi mi rammarica prendere atto di come anche per la Vostra redazione in realtà le cose stiano diversamente.
Se realmente lo stralcio che ho riportato sopra facesse parte del testo approntato dal governo (il minuscolo a questo punto non è una svista nel digitare, ma una scelta consapevole), direi che ci si aspetterebbe che i mezzi di informazione ne parlassero esplicitamente. Non posso ritenere che la scelta di tacere questo argomento sia motivata da semplice prudenza.
Alla redazione saprete certamente che il lavoro di un insegnante è solo in parte dato dalle lezioni dirette in classe. Le lezioni vanno prima preparate, poi si correggono i compiti, si incontrano le famiglie, ci si riunisce con i colleghi per concordare attività, progetti e strategie, si compilano molti documenti differenti. Insomma, come a nessuno verrebbe in mente di non cadere nel grottesco considerando al lavoro gli avvocati solo quando si rechino a patrocinare una causa in tribunale, gli architetti solo mentre presentino un progetto in commissione edilizia, i commercialisti esclusivamente mentre incontrino il cliente per fargli firmare la dichiarazione dei redditi compilata o i notai per il tempo impiegato a leggere un atto da sottoscrivere al momento della stipula, così mi pare che sia altrettanto evidente che nessun insegnante possa ragionevolmente essere considerato in servizio solo per le ore di lezione frontale. Tutte le professioni intellettuali necessitano di un lavoro silenzioso e sostanzioso a monte senza il quale il "prodotto finito" non sarebbe possibile. Nel caso della professione di insegnante le cose non sono diverse; neanche un po'. E, anzi, lo sono sempre meno, data la complessità crescente delle sfide che la Scuola è chiamata ad affrontare.
Che il Ministro non si renda conto che le cose stiano in questo modo appare piuttosto improbabile. Se così fosse, darebbe prova di essere la persona sbagliata nel posto sbagliato. Viceversa se così non fosse, come immagino per certo, mi domando come possa pensare di aumentare del 33% il carico di lavoro di ogni insegnante della scuola secondaria di primo e secondo grado senza che la cosa incida negativamente sulla qualità del servizio offerto. Dalla mia esperienza personale deduco senza sforzo che se per contratto venisse fatto uscire il lavoro sommerso degli insegnanti (si legga: contratto di lavoro che implichi lo svolgimento completo delle proprie mansioni in sede di servizio), lo Stato si troverebbe a dover pagare delle belle sommette in straordinari a tutti i suoi dipendenti del settore Istruzione, se volesse continuare a fruire delle prestazioni attuali. Mi domando quindi che senso di realtà possa avere una proposta del genere, se non quella del più profondo disinteresse e della più consistente mancanza di rispetto della Scuola come istituzione fondamentale dello Stato.
Resta poi l'incredulità nell'immaginare che sia possibile non porsi neppure un dubbio riguardo ai diritti dei lavoratori. Credo che nessun datore di lavoro possa permettersi di ipotizzare di punto in bianco di aumentare unilateralmente e in in maniera così consistente le richieste di prestazione ai suoi dipendenti. In caso contrario, Marchionne avrebbe certo molto altro da imparare ancora!
A queste considerazioni iniziali che dimostrano quanto non sia tenuta in nessun conto la nostra Scuola dal nostro Governo, se ne aggiunge un'altra non secondaria. Tutti i docenti (circa il 20% del totale) che in questi anni sono stati tenuti precari per biechi risparmi economici e che si sono spesi perché l'Italia avesse comunque una Scuola a servizio dei sui cittadini, si ritroverebbero sic et simpliciter disoccupati. Persone con titoli di studio adeguati, selezionate da concorsi pubblici e con all'attivo pratica professionale consistente.
Non Vi pare che ci sia abbastanza carne al fuoco per parlarne con chiarezza sul Vostro giornale? In Francia Hollande e il suo governo hanno deciso di aumentare, anziché ridurre, le spese per Istruzione e Ricerca. In Germania lo stesso. In Finlandia, paese che tradizionalmente si piazza ai primi posti nelle rilevazioni internazionali (qualunque cosa questo voglia dire, certo), le cattedre hanno un monte orario che varia a seconda delle discipline: lingua (Finlandese, per loro) o matematica si attestano sulle 16 ore di lezione frontale a settimana, ginnastica sulle 24; perché è ovvio che preparare lezioni di ginnastica o di lingua o matematica non comporti lo stesso carico di lavoro.
Mi fermo qui perché mi pare che materia su cui riflettere ce ne sia più che a sufficienza. Concludo solo con un dubbio sull'efficacia progettuale di un Ministero che ha appena bandito un concorso ordinario perfettamente inutile (le graduatorie sono piene di insegnanti già vincitori di concorso e con pratica di servizio imbarazzantemente pluriennale) e, contestualmente, starebbe licenziando un provvedimento che renderà superfluo per anni qualsiasi ulteriore docente; probabilmente anzi, ne avanzerà pure qualcuno di quelli già nei ranghi ufficiali (da un conto grossolano circa il 5%).
Ringrazio per l'attenzione.
Con cordialità e fiducia.
Patrizia Imperio
Ho deciso di scrivere queste righe con qualche titubanza per una certa sensazione da goccia nell'oceano. Comunque coraggio. Cercherò di essere breve.
Sono un'insegnante di scuola primaria con contratto a tempo indeterminato. Comincio così per mettere subito le carte in tavola e precisare che scrivo per una questione di principio. Leggo da più fonti sul web che nel patto di stabilità di cui si parla in questi giorni la scuola pubblica sembra essere toccata in maniera sostanziale. Riporto qui di seguito uno stralcio che mi pare significativo, se confermato:
Legge di stabilità 2013, articolo 3,
Comma 42 - "A decorrere dal 1° settembre 2013 l'orario di impegno per l'insegnamento del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno è di 24 ore settimanali".
Mi sorprende e mi dispiace molto notare come la redazione del Vostro giornale si curi poco della Scuola pubblica. Lo ritengo un settore fondamentale per uno Stato che voglia immaginarsi civile, moderno e con qualche speranza per il futuro. Quindi mi rammarica prendere atto di come anche per la Vostra redazione in realtà le cose stiano diversamente.
Se realmente lo stralcio che ho riportato sopra facesse parte del testo approntato dal governo (il minuscolo a questo punto non è una svista nel digitare, ma una scelta consapevole), direi che ci si aspetterebbe che i mezzi di informazione ne parlassero esplicitamente. Non posso ritenere che la scelta di tacere questo argomento sia motivata da semplice prudenza.
Alla redazione saprete certamente che il lavoro di un insegnante è solo in parte dato dalle lezioni dirette in classe. Le lezioni vanno prima preparate, poi si correggono i compiti, si incontrano le famiglie, ci si riunisce con i colleghi per concordare attività, progetti e strategie, si compilano molti documenti differenti. Insomma, come a nessuno verrebbe in mente di non cadere nel grottesco considerando al lavoro gli avvocati solo quando si rechino a patrocinare una causa in tribunale, gli architetti solo mentre presentino un progetto in commissione edilizia, i commercialisti esclusivamente mentre incontrino il cliente per fargli firmare la dichiarazione dei redditi compilata o i notai per il tempo impiegato a leggere un atto da sottoscrivere al momento della stipula, così mi pare che sia altrettanto evidente che nessun insegnante possa ragionevolmente essere considerato in servizio solo per le ore di lezione frontale. Tutte le professioni intellettuali necessitano di un lavoro silenzioso e sostanzioso a monte senza il quale il "prodotto finito" non sarebbe possibile. Nel caso della professione di insegnante le cose non sono diverse; neanche un po'. E, anzi, lo sono sempre meno, data la complessità crescente delle sfide che la Scuola è chiamata ad affrontare.
Che il Ministro non si renda conto che le cose stiano in questo modo appare piuttosto improbabile. Se così fosse, darebbe prova di essere la persona sbagliata nel posto sbagliato. Viceversa se così non fosse, come immagino per certo, mi domando come possa pensare di aumentare del 33% il carico di lavoro di ogni insegnante della scuola secondaria di primo e secondo grado senza che la cosa incida negativamente sulla qualità del servizio offerto. Dalla mia esperienza personale deduco senza sforzo che se per contratto venisse fatto uscire il lavoro sommerso degli insegnanti (si legga: contratto di lavoro che implichi lo svolgimento completo delle proprie mansioni in sede di servizio), lo Stato si troverebbe a dover pagare delle belle sommette in straordinari a tutti i suoi dipendenti del settore Istruzione, se volesse continuare a fruire delle prestazioni attuali. Mi domando quindi che senso di realtà possa avere una proposta del genere, se non quella del più profondo disinteresse e della più consistente mancanza di rispetto della Scuola come istituzione fondamentale dello Stato.
Resta poi l'incredulità nell'immaginare che sia possibile non porsi neppure un dubbio riguardo ai diritti dei lavoratori. Credo che nessun datore di lavoro possa permettersi di ipotizzare di punto in bianco di aumentare unilateralmente e in in maniera così consistente le richieste di prestazione ai suoi dipendenti. In caso contrario, Marchionne avrebbe certo molto altro da imparare ancora!
A queste considerazioni iniziali che dimostrano quanto non sia tenuta in nessun conto la nostra Scuola dal nostro Governo, se ne aggiunge un'altra non secondaria. Tutti i docenti (circa il 20% del totale) che in questi anni sono stati tenuti precari per biechi risparmi economici e che si sono spesi perché l'Italia avesse comunque una Scuola a servizio dei sui cittadini, si ritroverebbero sic et simpliciter disoccupati. Persone con titoli di studio adeguati, selezionate da concorsi pubblici e con all'attivo pratica professionale consistente.
Non Vi pare che ci sia abbastanza carne al fuoco per parlarne con chiarezza sul Vostro giornale? In Francia Hollande e il suo governo hanno deciso di aumentare, anziché ridurre, le spese per Istruzione e Ricerca. In Germania lo stesso. In Finlandia, paese che tradizionalmente si piazza ai primi posti nelle rilevazioni internazionali (qualunque cosa questo voglia dire, certo), le cattedre hanno un monte orario che varia a seconda delle discipline: lingua (Finlandese, per loro) o matematica si attestano sulle 16 ore di lezione frontale a settimana, ginnastica sulle 24; perché è ovvio che preparare lezioni di ginnastica o di lingua o matematica non comporti lo stesso carico di lavoro.
Mi fermo qui perché mi pare che materia su cui riflettere ce ne sia più che a sufficienza. Concludo solo con un dubbio sull'efficacia progettuale di un Ministero che ha appena bandito un concorso ordinario perfettamente inutile (le graduatorie sono piene di insegnanti già vincitori di concorso e con pratica di servizio imbarazzantemente pluriennale) e, contestualmente, starebbe licenziando un provvedimento che renderà superfluo per anni qualsiasi ulteriore docente; probabilmente anzi, ne avanzerà pure qualcuno di quelli già nei ranghi ufficiali (da un conto grossolano circa il 5%).
Ringrazio per l'attenzione.
Con cordialità e fiducia.
Patrizia Imperio
martedì 23 ottobre 2012
Scuola e prof: 24 ore in classe sono troppe
L'adige 23 Ottobre 2012 55 commenti
In tempi di crisi e rincari, di lacrime e sangue, tutte le famiglie fanno i conti e decidono cosa tagliare; questione di priorità. Si comincia col togliere il superfluo, poi il meno necessario. Si toccano le spese per sé, si cerca di non risparmiare sui figli.
Io, per esempio, rifletto mille volte prima di comprarmi un paio di scarpe, ma non ho mai pensato di togliere a mia figlia il corso di musica, che ama e che la fa crescere.
Così, credo, tutte le famiglie; tranne la famiglia-Italia e la famiglia-Provincia: da troppo tempo a questa parte i tagli maggiori sono quelli sull'educazione dei nostri figli, e quindi sul loro futuro.
Il modo in cui è ridotta la scuola superiore ne è triste esempio. Il delirante machete del risparmio ha prodotto nell'ordine: una riforma pessima, una precarizzazione sempre maggiore degli insegnanti, un aumento del loro carico di lavoro (70 ore).
Invito il ministro a leggere il rapporto Ocse Education at a glance 2012; è molto interessante, e soprattutto fornisce dati reali: in Italia i docenti prestano servizio per 39 settimane (anche se gli studenti vengono a scuola 33 settimane), contro le 38 della media Ocse. I professori di scuola superiore lavorano in media in Italia 630 ore all'anno. I colleghi francesi sono a 632. Gli inglesi 703, gli spagnoli 693. Se passasse la proposta, noi docenti italiani dovremmo aggiungere 6 ore la settimana per le 33 settimane di lezione con gli studenti: un aumento complessivo di 198 ore; arriveremmo quindi alla bellezza di 828 ore, ben oltre la media Ocse (658). Ben oltre gli inglesi, ben oltre i tedeschi (713). Altro che «in linea»!
Perché, oltretutto, nessuno parla di adeguare alla media europea anche i nostri risibili stipendi? Cito lo stesso rapporto Ocse: in Italia il salario medio annuale è di 36 mila dollari. In Spagna 49 mila. In Germania 67 mila: quasi il doppio di noi, a fronte di un carico di ore solo leggermente superiore. Per trovare stipendi come i nostri dobbiamo andare in Portogallo, in Grecia, in Slovenia. I nostri vicini austriaci lavorano meno (589 ore) e guadagnano di più (45 mila dollari). Per non parlare di casi eclatanti come quello del Lussemburgo, dove un professore lavora 634 ore, come noi, però guadagna 102 mila dollari l'anno. Il triplo. Ma c'è di più: il precariato strutturale, che ormai interessa una percentuale notevole dei docenti italiani, fa sì che fino al momento del passaggio in ruolo si resti a stipendio base: 10, 15, 20 anni. E (a parità di mansioni e obblighi) certe cifre diventano davvero un miraggio. Mi chiedo con che coraggio si parli di «allineamento alla media europea», quando stiamo per diventare quelli che lavorano molto più di tutti e guadagnano molto meno degli altri.
In tempi di crisi e rincari, di lacrime e sangue, tutte le famiglie fanno i conti e decidono cosa tagliare; questione di priorità. Si comincia col togliere il superfluo, poi il meno necessario. Si toccano le spese per sé, si cerca di non risparmiare sui figli.
Io, per esempio, rifletto mille volte prima di comprarmi un paio di scarpe, ma non ho mai pensato di togliere a mia figlia il corso di musica, che ama e che la fa crescere.
Così, credo, tutte le famiglie; tranne la famiglia-Italia e la famiglia-Provincia: da troppo tempo a questa parte i tagli maggiori sono quelli sull'educazione dei nostri figli, e quindi sul loro futuro.
Il modo in cui è ridotta la scuola superiore ne è triste esempio. Il delirante machete del risparmio ha prodotto nell'ordine: una riforma pessima, una precarizzazione sempre maggiore degli insegnanti, un aumento del loro carico di lavoro (70 ore).
L'ultima novità ce la regala il ministro Profumo: l'orario di cattedra dovrebbe passare da 18 a 24 ore settimanali. In termini di ore reali, si andrebbe più o meno da 36 a 48 ore, poiché le ore di cattedra sono circa il 50% di quelle di lavoro effettivo.
Ci raccontano che questo allineerà il carico di lavoro dei docenti italiani alla media europea. A parte i dubbi sulla costituzionalità della norma (a quale lavoratore è possibile aumentare di un terzo il carico, a parità di salario?), questa è una bugia, l'ennesima.
Ci raccontano che questo allineerà il carico di lavoro dei docenti italiani alla media europea. A parte i dubbi sulla costituzionalità della norma (a quale lavoratore è possibile aumentare di un terzo il carico, a parità di salario?), questa è una bugia, l'ennesima.
Invito il ministro a leggere il rapporto Ocse Education at a glance 2012; è molto interessante, e soprattutto fornisce dati reali: in Italia i docenti prestano servizio per 39 settimane (anche se gli studenti vengono a scuola 33 settimane), contro le 38 della media Ocse. I professori di scuola superiore lavorano in media in Italia 630 ore all'anno. I colleghi francesi sono a 632. Gli inglesi 703, gli spagnoli 693. Se passasse la proposta, noi docenti italiani dovremmo aggiungere 6 ore la settimana per le 33 settimane di lezione con gli studenti: un aumento complessivo di 198 ore; arriveremmo quindi alla bellezza di 828 ore, ben oltre la media Ocse (658). Ben oltre gli inglesi, ben oltre i tedeschi (713). Altro che «in linea»!
Perché, oltretutto, nessuno parla di adeguare alla media europea anche i nostri risibili stipendi? Cito lo stesso rapporto Ocse: in Italia il salario medio annuale è di 36 mila dollari. In Spagna 49 mila. In Germania 67 mila: quasi il doppio di noi, a fronte di un carico di ore solo leggermente superiore. Per trovare stipendi come i nostri dobbiamo andare in Portogallo, in Grecia, in Slovenia. I nostri vicini austriaci lavorano meno (589 ore) e guadagnano di più (45 mila dollari). Per non parlare di casi eclatanti come quello del Lussemburgo, dove un professore lavora 634 ore, come noi, però guadagna 102 mila dollari l'anno. Il triplo. Ma c'è di più: il precariato strutturale, che ormai interessa una percentuale notevole dei docenti italiani, fa sì che fino al momento del passaggio in ruolo si resti a stipendio base: 10, 15, 20 anni. E (a parità di mansioni e obblighi) certe cifre diventano davvero un miraggio. Mi chiedo con che coraggio si parli di «allineamento alla media europea», quando stiamo per diventare quelli che lavorano molto più di tutti e guadagnano molto meno degli altri.
Non solo risparmiano sui nostri figli, ma raccontano pure frottole. Molti di noi, comunque, non dovranno preoccuparsi di questo enorme aggravio di lavoro, perché smetteranno di lavorare del tutto: conseguenza dell'aumento dell'orario sarà una vertiginosa riduzione dei posti: 35 mila colleghi precari spariranno semplicemente dalle aule. Non occorrerà nemmeno licenziarli; basterà, silenziosamente, non rinnovare i contratti. Forse una parte di loro andrà a mendicare alla porta degli istituti privati, che invece si preparano a ricevere un regalo di 223 milioni: e se risparmiassimo su questo?
Nonostante il nome così rassicurante, la legge di stabilità potrebbe produrre un esercito di disoccupati, rendere invisibile il lavoro di chi rimarrà, peggiorare la qualità della didattica: oggi chiunque di noi trascorre ore intere (ore di lavoro che il rapporto Ocse non conteggia, ma che ci sono e sono molte) a preparare le lezioni, a scegliere il testo più adatto alla singola classe, l'esercizio calibrato meglio per il singolo studente; se siamo davvero destinati a diventare dei juke-box che ripetono Ovidio e Leopardi a getto continuo per quattro soldi, temo che saremo costretti, con dolore e per motivi di sopravvivenza, a risparmiare queste energie. A proporre sempre le stesse lezioni frontali, standardizzate, per tutti gli studenti. Non avremo più tempo né voglia per seguirli, motivarli, cucire le lezioni sulle loro misure. Migliaia di colleghi a casa, lavoro da schiavi, qualità molto peggiore.
Eliana Agata Marchese
Docente di italiano e latino all'istituto «Degasperi» di Borgo Valsugana
Docente di italiano e latino all'istituto «Degasperi» di Borgo Valsugana
mercoledì 17 ottobre 2012
la sola 24 ore
eccolo qua: questo è il testo del disegno di legge che sarà presentato in parlamento.
Legge di stabilità 2013, articolo 3,
izzato prioritariamente per la copertura di spezzoni orario disponibili nell'istituzione scolastica di titolarità, nonché per l'attribuzione di supplenze temporanee per tutte le classi di concorso per cui abbia titolo, per posti di sostegno, purché in possesso del relativo diploma di specializzazione e per gli impegni didattici in termini di flessibilità, ore aggiuntive di insegnamento, di recupero e di potenziamento.
Le ore di insegnamento del personale docente di sostegno, eccedenti l'orario di cattedra, sono prioritariamente dedicate all'attività di sostegno e, in subordine, alla copertura di spezzoni orari di insegnamenti curriculari, per i quali il personale docente di sostegno abbia titolo, nell’istituzione scolastica di titolarità.
L'organico di diritto del personale docente di sostegno è determinato a decorrere dall'anno scolastico 2013/2014, in misura non superiore a quello dell'anno scolastico 2012/2013.
Il periodo di ferie retribuito del personale docente di cui al presente comma è incrementato di 15 giorni su base annua”.
Comma 43 - “Il personale docente di tutti i gradi di istruzione fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato ed alle attività valutative. Durante la rimanente parte dell'anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche".
sabato 13 ottobre 2012
sullo sciopero
Questa è la nostra dichiarazione, ripresa oggi su IL TRENTINO:
"Siamo onesti, lo sciopero di oggi si può considerare un fallimento - dichiarano Nicola Zuin e Alessandro Genovese, degli Stati Generali della Scuola Trentina-Fenalt - Pochi gli studenti in piazza, e ancora meno i docenti.
Ci teniamo però a sottolineare che SGST-Fenalt è stata l'unica organizzazione sindacale a scendere in corteo, condividendo con gli studenti la preoccupazione per la situazione della nostra scuola. Abbiamo manifestato contro i tagli del governo Monti, ma anche e soprattutto contro le politiche scolastiche del Governatore Dellai e della sua Giunta: il precariato è un fenomeno grave e cronico anche nella nostra Provincia, anche qui si sono ridotti i fondi per il sostegno, il contratto Provinciale è bloccato, e anche l'Assessore Dalmaso, come il Ministro Profumo, ha bandito un concorso inutile e dannoso.
Ci teniamo però a sottolineare che SGST-Fenalt è stata l'unica organizzazione sindacale a scendere in corteo, condividendo con gli studenti la preoccupazione per la situazione della nostra scuola. Abbiamo manifestato contro i tagli del governo Monti, ma anche e soprattutto contro le politiche scolastiche del Governatore Dellai e della sua Giunta: il precariato è un fenomeno grave e cronico anche nella nostra Provincia, anche qui si sono ridotti i fondi per il sostegno, il contratto Provinciale è bloccato, e anche l'Assessore Dalmaso, come il Ministro Profumo, ha bandito un concorso inutile e dannoso.
La pessima riuscita di questo iniziativa impone tuttavia alcune riflessioni, sia sullo sciopero come forma di protesta - considerata da molti colleghi come costosa e inefficace - sia sulla credibilità stessa dei sindacati in generale, percepiti forse come troppo vicini alla politica e non più rappresentativi.
Colpisce, comunque, la timidezza della Cgil trentina, che in occasione di uno sciopero organizzato dalla Cgil nazionale, ha rinunciato a portare i lavoratori in piazza, preferendo chiudersi in un'assemblea. Oltre tutto per arrogare a sé presunti meriti nell'aver siglato accordi vantaggiosi con l'Amministrazione provinciale".
e questa è u po' di rassegna stampa:
su TrentoToday: http://www.trentotoday.it/cronaca/manifestazione-studenti-trento-12-ottobre-2012.html
Sul Trentino on line: http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/cronaca/2012/10/12/news/scuola-studenti-in-corteo-tra-slogan-e-musica-1.5848333
Su trentino TV: http://www.trentinotv.it/news_dettaglio.php?id=18890
si fa presto a fare i conti
Il conto é presto fatto:
La fondazione Agnelli, ben prima dello scoppio della crisi attuale, riteneva necessaria una riduzione del numero dei docenti in Italia (vedi http://www.fga.it/uploads/media/Fondazione_Agnelli_-_Anticipazione_ricerca_insegnanti._Demografia_e_pensionamenti.Finale.pdf), anche se, nelle sua insipienza, non aveva pensato alla possibilitá di una bella soluzione finale. In effetti occorreva che i tecnici andassero al governo, ché dalle fondazioni si fanno dei gran begli studi, ma si incide poco e, talvolta, ci si lascia andare a qualche problematizzazione di troppo.
n = N x 18/24,
con n=nuovo numero docenti (a 24 ore) e N=numero docenti attuale (a 18 ore).
In pratica si tratta di una riduzione del personale del 25%.
Risulterebbe in esubero pure il 5% dei colleghi di ruolo.
Visto che ci sono consiglierei a Olezzo e allegra brigata di licenziarne un altro 5%, per far posto ai giovani che - poverini - faticano a trovar lavoro e ancor piú a inserirsi nel mondo della scuola.
La fondazione Agnelli, ben prima dello scoppio della crisi attuale, riteneva necessaria una riduzione del numero dei docenti in Italia (vedi http://www.fga.it/uploads/media/Fondazione_Agnelli_-_Anticipazione_ricerca_insegnanti._Demografia_e_pensionamenti.Finale.pdf), anche se, nelle sua insipienza, non aveva pensato alla possibilitá di una bella soluzione finale. In effetti occorreva che i tecnici andassero al governo, ché dalle fondazioni si fanno dei gran begli studi, ma si incide poco e, talvolta, ci si lascia andare a qualche problematizzazione di troppo.
Cito dal rapporto: "La prima è la necessità di rallentare in modo sostanziale o, addirittura, sospendere l’immissione in ruolo dei precari, che dal 2001 a oggi è stata pari a oltre 200.000 unità, più di ogni altro settore produttivo. Si tratterebbe di una scelta socialmente e politicamente complessa nei confronti di chi è in attesa della posizione di ruolo da molti anni, in media più di dieci."
Quando si dice che la crisi pone nuovi problemi si dice una mezza veritá: in qualche caso, infatti, risolve quelli vecchi.
LB
giovedì 11 ottobre 2012
Allarme giustificato!
Scuola, gli insegnanti lavoreranno più ore
Le norme nel ddl Stabilità volute dal ministro dell'istruzione: l'orario di ogni docente passerà da 18 a 24 ore a settimana (a parità di salario). Le proteste del Pd: si perderanno migliaia di supplenti.
http://www.repubblica.it/scuola/2012/10/11/news/normal_0_14_scuola_riforma_profumo-44318702/?ref=HREC1-8
mercoledì 10 ottobre 2012
Allarme!!!
Gli orari degli insegnanti potrebbero passare da 18 a 24 ore. Conseguenti tagli agli organici
martedì 9 ottobre 2012
12 ottobre: sciopero!
Gli Stati Generali della Scuola Trentina - Fenalt annunciano l’adesione allo sciopero del 12 ottobre 2012 indetto da Flc/Cgil per l’intero comparto scuola.
I tagli ai finanziamenti per l’istruzione, il blocco del contratto e degli scatti di anzianità, un precariato ormai strutturale, il bando di un concorso inutile sono soltanto alcuni tra i motivi che ci spingono a manifestare il nostro dissenso contro il Governo Monti.
SGST- Fenalt, inoltre, ritiene che lo sciopero del 12 ottobre debba essere l’occasione per ribadire la seria preoccupazione per la situazione particolare e per la prospettiva della scuola trentina, rinnovando la richiesta al Governo Provinciale di aprire un tavolo di confronto che coinvolga anche i docenti, gli studenti e più in generale tutti i soggetti interessati a migliorare la qualità della nostra scuola.
SGST- Fenalt invita dunque tutti i lavoratori della scuola (docenti e non docenti) e gli studenti a partecipare allo sciopero e alla manifestazione degli studenti che partirà alle ore 8.00 da Piazza Dante a Trento.
Trento, 9 ottobre 2012
venerdì 5 ottobre 2012
bandito
Nel ribadire la nostra severa critica alla scelta - prima del Ministro Profumo e poi dell'Assessore Dalmaso - di bandire un concorso inutile (perchè non risolve la questione dei precari, perchè non è vero che favorisce i giovani, perchè non è vero che selezionerà i migliori ecc.) e dannoso (perchè produce l'ennesima guerra tra poveri, perchè distoglie dai veri problemi della scuola, perchè alimenta la vulgata secondo cui la scuola deve funzionare come un'azienda ecc.) che peraltro brucerà in uno spottone elettorale preziose risorse e energie che potrebbero essere investite in ben altri modi.
Nel denunciare la vergognosa umiliazione rappresentata da questo concorso per decine di migliaia di insegnanti che dopo concorsi e corsi abilitanti, da anni aspettano in graduatoria, consentendo alle scuole di tutta Italia di funzionare nonostante i tagli e tagli e tagli che i governi - nazionale e provinciale - hanno voluto scaricare sulla scuola.
Informiamo che oggi la Giunta Provinciale ha approvato la deliberazione proposta dall’assessore Marta Dalmaso contenente il Bando di “Concorso pubblico straordinario, per titoli ed esami, per la copertura di 93 cattedre per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente delle scuole secondarie provinciali a carattere statale di primo e secondo grado”. Iscrizione online sul sito del MIUR a partire dal 15 ottobre 2012 e fino alle ore 14.00 del 14 novembre 2012.
La versione integrale della delibera con l’allegato si può consultare e scaricare dal portale della scuola trentina www.vivoscuola.it, a partire da martedì prossimo 9 ottobre 2012.
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