Qualsiasi provvedimento legislativo, inevitabilmente, lascia scontento qualcuno: è il normale gioco di maggioranza e minoranza, il succo della democrazia. Ma quando una Giunta Provinciale è costretta a muoversi così in fretta, nottetempo e di nascosto, allora è evidente che essa ha capito di non essere più maggioranza, ma ha deciso di far finta di nulla e di andare avanti per la sua strada.
Questo è grave. Ma ancora più grave è che la Giunta Provinciale, con la delibera “carbonara” di martedì sera, non ha compiuto una svolta, ma ha mostrato in realtà soltanto coerenza. Coerenza innanzitutto con la propria arroganza, avendo fatto finta di essere sola fin dall’inizio, mostrando di non avere bisogno di interlocutori e interpretando la legittima necessità di assumersi la responsabilità politica del riordino della scuola come una sorta di investitura assoluta e incontestabile.
Al di là della forma, però, va detto che questa Giunta si è dimostrata coerente anche con i contenuti della sua riforma. Seppur spezzettata in delibere diverse e bilanciando le responsabilità locali con quelle nazionali, la manovra Dellai/Dalmaso segue infatti le stesse logiche di quella firmata Tremonti/Gelmini, che non sono banalmente – come qualche ingenuo ha sostenuto – quelle dei tagli alle risorse e al personale della scuola, ma rispondono invece a un disegno preciso, chiaro e inequivocabile, evidente a chiunque si prenda la briga di leggere le parole di cui la riforma è composta: razionalizzazione, semplificazione, esternalizzazione, ovvero meno tempo scuola, meno discipline, meno selezione, meno specificità, meno approfondimento... Un disegno pedagogico e politico finalizzato a produrre cittadini meno accorti, meno colti, meno critici, e quindi più docili al comando, e che dietro la formula magica del cosiddetto «successo formativo», ripetutamente citata dall’assessore Dalmaso, nasconde la creazione di una scuola d’élite, nella quale – per citare testualmente Rosario Drago, membro del gruppo di “esperti” creato dal Servizio Istruzione della Provincia per il riordino dei piani di studio e, non a caso, consulente da ormai molti anni del Ministero dell’Istruzione – bisogna smetterla di «dare il pane degli angeli anche ai figli degli operai e dei contadini» perché questo «ha prodotto un calo di qualità nei licei e negli istituti professionali». È contro questa visione classista e antidemocratica della scuola che noi ci battiamo, e continueremo a batterci finché avremo fiato in gola.
Ad acuire i dubbi sullo stato di salute della nostra democrazia e sulla trasparenza dei suoi protagonisti politici, c’è poi il fatto che a produrre questa riforma sia proprio un assessore espressione del Partito Democratico – che a Roma denuncia la pericolosità di questo disegno, ma che qui appoggia incondizionatamente la Giunta di Dellai – e che ad opporvisi con decisione in Consiglio Provinciale sia proprio quella destra che a Roma invece la fa diventare Legge dello Stato.
Come tutte le nostre iniziative, anche questo nostro articolo, se avrà l’onore di essere commentato dai nostri assessori, sarà probabilmente bollato di demagogia, ideologia e ignoranza, e ci diranno ancora una volta di essere nient’altro che «pochi insegnanti sindacalizzati», contestatori di professione. Liberi di farlo, ma sappiano che invece siamo in tanti: famiglie disorientate, studenti preoccupati, insegnanti che vorrebbero fare il loro lavoro con serietà e dignità, anziché doversi occupare di queste cose, faticando per organizzarsi da soli, senza alcuna esperienza, ma con grande determinazione. La stessa determinazione che oggi, all’indomani del blitz governativo, ci spinge a proseguire nella difesa del nostro diritto ad una scuola migliore: pubblica, inclusiva e laica, strategica, democratica e trasparente, autonoma e aperta. Continueremo a difendere questo diritto portando le nostre critiche e le nostre proposte nella discussione sugli aspetti che saranno oggetto delle prossime delibere (quadri orari, tempo scuola, durata delle unità di insegnamento, ecc.), ma anche lavorando concretamente all’interno delle scuole, nei collegi docenti, nei dipartimenti, nei consigli di classe. A prescindere dalle norme che questa Giunta e questo Governo ci vorranno imporre.
Ag e Nz