lunedì 18 gennaio 2010

I "padrini" di questa riforma

Forse non tutti sanno che l'attuale progetto di riforma della scuola trentina, dietro la "facciata" politica e istituzionale impersonata dall'assessore Marta Dalmaso, nasconde ben altri padri (o forse sarebbe meglio dire "padrini"...). La modifica  dei piani di studio provinciali, infatti, è stata affidata dalla PAT a un gruppo di studio composto, tra gli altri, da Rosario Drago e Michele Pellerey: il primo è consulente del Ministero dell'Istruzione da prima dell'"era Berlinguer"; il secondo, prelato, pedagogista, docente presso l'Università Pontificia Salesiana (nel nome della laicità della scuola pubblica!), è stato membro del Comitato Nazionale per l'Informatica e della Commissione Psicologia- Scuola del Ministero dell'Istruzione, e svolge funzioni di consulenza e coordinamento per la sperimentazione del percorso di Formazione Professionale per la Provincia Autonoma di Trento addirittura dal lontano 1994.
Come appare chiaro, Drago e Pellerey hanno lavorato e lavorano tutt'ora sia per Roma che per Trento, a dimostrazione di come chi dice che riforma Tremonti/Gelmini e riforma Dellai/Dalmaso sono due cose diverse mente sapendo di mentire: il colore del governo è diverso, ma l'ideologia che c'è dietro è esattamente la stessa!
Perché possiate farvene un'idea, di seguito troverete qualche estratto di ciò che Drago e Pellerey hanno detto e scritto sulla scuola, con i relativi link e la possibilità di leggere e scaricare (e diffondere!) i contributi completi.

ROSARIO DRAGO, membro del gruppo di studio istituito dalla PAT

“E' su questo punto che si gioca tutta la partita delle riforme scolastiche. Cioè nella capacità di formulare obiettivi coerenti e univoci, che da una parte non lascino spazio ad illusioni e a nostalgie di ritorni al passato, e dall'altra dimostrino concretamente, nei fatti, le convenienza del nuovo rispetto al vecchio. Per fare ciò c'è bisogno di una cultura della realizzazione pratica, di un sano empirismo (imparare dalla realizzazione) e di una ricerca applicata sistematica. Ma ciò esige anche una consistente riduzione dello spazio assegnato alla decisione legislativa, negoziale, sindacale o, in genere, formale, che va occupato da una ampia autonomia professionale e dalla responsabilità degli insegnanti e dei dirigenti”.

http://ospitiweb.indire.it/~anp/news/legis.htm

“I comportamenti in aula degli insegnanti non si modificano con un decreto. … Sono tanti e non sanno fare il loro mestiere. Spendiamo anche troppo per loro. Bisogna ridurre subito il loro numero,dividerli in gerarchia e solo così si potrà dare qualche soldo in più alle eccellenze. …

Il 23% dei prof delle superiori adotta il libro di testo per educazione fisica e la metà degli studenti delle superiori non hai mai fatto una doccia dopo la lezione di ginnastica”.

“La nostra scuola è più democratica ma più selettiva. La soluzione? Diversificare i percorsi. Dare il pane degli angeli anche ai figli degli operai e dei contadini, ha prodotto un calo di qualità nei licei e negli istituti professionali. Con l’alternanza scuola lavoro il 58% dei diciottenni tedeschi arriva al diploma superiore. All’integrazione non ho mai creduto, mi pare una mitologia dei sistemi scolastici. In realtà Giovanni Gentile è vivo nelle nostre aule, nonostante sia stato ucciso dai partigiani. Nessuno manda gli handicappati al liceo perché non è un luogo adatto. L’Università non insegna le nuove professioni. Questa riforma invece istituisce l’Università delle Professioni, dove con 4 o 6 semestri si otterrà una laurea.

http://www.scuolaer.it/archivio/anno_2004/parliamone.aspx

Gli insegnanti, sanno giocare con le regole, prendersi delle libertà "clandestine" con la lettera ed anche lo spirito dei programmi, con l'ortodossia dei metodi didattici, con le metodologie di insegnamento autorizzate, con le procedure di valutazione, con la ripar-tizione dei tempi delle materie e coi rinnovamenti consigliati. La professionalizzazione del mestiere li porterebbe a investire meno energie nelle astuzie e nelle apparenze della conformità; li impegnerebbe invece nella realizzazione degli obiettivi e nel dialogo con le istanze alle quali essi devono rendere conto. L'istituzione potrebbe rinunciare da parte sua a domandare agli insegnanti di insegnare la grammatica il tal giorno alla tal ora, di riempire scrupolosamente i registri, e, a date fisse, le pagelle di tutti i loro allievi. Il loro compito prioritario sarebbe quello, con l'uso di tutti i mezzi legittimi, di permettere al più grande numero di allievi di costruire competenze durevoli e trasferibili, informando e coinvolgendo in modo ragionevole i genitori.

I modi per arrivare a questa situazione appartengono totalmente al professionalismo: ge-stione della classe, contenuti e natura del contratto didattico, metodologie di insegna-mento, disposizione degli arredi e degli spazi di lavoro, modalità di articola-zione e dif-ferenziazione dell'insegnamento e individualizzazione dei percorsi, modi di concepire e di praticare la valutazione, programmazione didattica, raggruppamento dei ragazzi per attività o per livello, orari variabili, lavoro a casa differenziato e negoziato, ecc. Questa autonomia metodologica dovrebbe estendersi alla divisione del lavoro tra insegnanti, alla formazione delle classi, alla vigilanza dei ragazzi nella scuola, al loro sostegno da parte delle équipe che condividono la responsabilità dello stesso gruppo di allievi.

http://www.archivio.vivoscuola.it/didascalieinforma/primopiano/dipendenza.asp


MICHELE PELLEREY, coordinatore del Progetto di Innovazione e Sperimentazione nella Formazione professionale della PAT

Quadro delle possibili soluzioni italiane per l’avvio dell’alta formazione tecnico-professionale, delineando in particolare:

1. la tipologia del sistema (duale o multipolare),

2. lo stretto collegamento con il mondo della produzione di beni e servizi,

3. la stabilità delle istituzioni formative,

4. il riconoscimento nazionale ed europeo dei titoli,

5. la progettazione, conduzione e valutazione svolte con le imprese,

6. la temporalità del percorso, almeno biennale,

7. i caratteri del percorso con una forte sottolineatura dell’apprendimento esperienziale sul luogo di lavoro,

8. le forme di finanziamento (miste fra Stato, regioni, e mondo del lavoro),

9. il personale docente, prevalentemente a contratto.

Al termine di questa carrellata M. Pellerey afferma che la costituzione di un sistema di questo tipo esige una chiara definizione istituzionale. In altre parole appare necessaria almeno una legge quadro che definisca gli elementi principali che lo caratterizzano. Su questa base normativa le singole Regioni e Province Autonome potranno deliberare in maniera da promuovere un sistema coerente a livello nazionale e comparabile a livello internazionale. Tra gli aspetti che più chiaramente emergono come pilastri di una legge quadro Michele Pellerey indica la costituzione di una Agenzia, o Autorità o Comitato nazionale per l’Alta Formazione. Questi obiettivi sono stati condivisi e ripresi dal Presidente del Consiglio nelle sue conclusioni. http://www.iperbole.bologna.it/iperbole/adi/XoopsAdi/uploads/PDdownloads/news_2007_05_20.htm


E per i più volonterosi:

http://storage.istruzioneer.it/file/Michele-Pellerey.pdf

dispensa “Promuovere competenze nell’attività di insegnamento: è possibile? A quali condizioni?”

http://pellerey.unisal.it/Materiali.html

Dispensa di “Didattica generale” (tre Parti + Bibliografia)

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