giovedì 21 maggio 2015

La mozione del CD del Maffei di Riva sul piano per Triliguismo




(riportiamo qui dal sito del Liceo Andrea Maffei di Riva del Garda)





Il collegio dei docenti del 19 maggio ha votato a maggioranza una mozione sul piano trilingue della PAT.
Questo il testo
 Con il presente documento i sottoscritti docenti del Liceo "Andrea Maffei" di Riva del Garda intendono presentare al Collegio Docenti dell'Istituto, come concordato dallo stesso il 17 marzo 2015, una mozione critica in relazione al merito e alle modalità di applicazione del "Piano Trentino Trilingue" e, più in generale, all'insegnamento secondo la metodologia CLIL.
Alle note di protesta fa seguito una proposta costruttiva.
Non manca la consapevolezza che questa riflessione sia un'altra voce che si aggiunge al coro di perplessità che diversi Istituti superiori e Comprensivi stanno sollevando, in un'estensione di toni la cui spontaneità dice di un comune e non orchestrato sentire, che sarebbe quanto meno incauto, per non dire arrogante da parte della Giunta provinciale trascurare.
Circa le modalità
Appaiono inaccettabili sia l'imperiosità, sia la tempistica con cui il "Piano Trilingue" intende calarsi nella realtà scolastica trentina.
L'imposizione del "Piano Trentino Trilingue" appare tanto più stupefacente in quanto la sua applicazione investe la ridefinizione della funzione docente, interessando quindi aspetti di materia contrattuale, che tuttavia non hanno visto il coinvolgimento delle parti sociali.
Non è stato previsto alcun compenso economico, ad eccezione dei finanziamenti straordinari derivanti dal FSE, a fronte di uno sforzo non convenzionale per i docenti disponibili ad insegnare con metodologia CLIL parte dei loro programmi didattici e/o che si sottopongono al corso di formazione di 125 ore (per la scuola secondaria di secondo grado). Lo stipendio medio di un docente laureato rimane inferiore al salario percepito da un operaio specializzato tedesco.
Circa l'oggetto
Entrando nel merito dell'insegnamento in metodologia CLIL, le obiezioni investono ambiti diversi: pedagogico, professionale, organizzativo.
I sottoscritti docenti sono perfettamente consapevoli che tale pratica didattica, forte di una malintesa interpretazione degli obiettivi europei per la cittadinanza, è stata fatta propria dalla riforma scolastica nazionale a firma Gelmini e probabilmente confermata dalla renziana "buona scuola". Per questo l'appello all'autonomia scolastica trentina sembra quanto mai opportuna, a patto di intenderla non monopolisticamente come Autonomia della Provincia, ma più democraticamente come autonomia didattica degli Istituti. Segue proposta di soluzioni alternative alla metodologia CLIL.
Del resto la Storia della Pedagogia insegna come si siano giustificate le pratiche didattiche più disparate. Non mancheranno all'insegnamento CLIL i suoi corifei.
Ma a noi docenti si lasci la libertà di considerazioni con il senno della Storia: essa insegna che il motore di trasformazione di una società da monolingue a bi- trilingue non è mai stata la scuola, ma il contesto storico-sociale; ogni forzatura in tal senso è destinata a produrre fallimenti.
Il progetto infatti di affidare prioritariamente al sistema scolastico l'allargamento delle competenze linguistiche comunitarie, perché, va rammentato, questo è il fine primario del CLIL, non l'innovazione metodologica dell'insegnamento delle discipline che si vorrebbe coinvolgere, nasce da un non mai superato atteggiamento mentale che vede la scuola investita di una responsabilità elettiva, se non esclusiva, di costituirsi ad agenzia formativa per ogni qualsivoglia cambiamento si intenda produrre nella società: se ciò è ammissibile per ciò che attiene all'eticità, appare invece esagerato sul piano dell'apprendimento delle lingue stranire. E' stato un difetto storico italiano quello della "scolasticità" dell'insegnamento delle lingue: esse hanno piuttosto bisogno di situazioni di realtà (lavorativa, di svago, di autentiche relazioni umane...) per essere apprese efficacemente. Ogni altro insegnamento rischia di presentarsi come addestramento, come un voler apprendere a nuotare stando fuori dall'acqua.
A ben considerare l'intenzione del Legislatore, sembra esserci piuttosto la volontà di assicurare certificazioni linguistiche che stanno alimentando, suo malgrado, un lucroso business, di cui le famiglie si assumono tutti i ragguardevoli costi e gli studenti solo gli incerti benefici, se, come si sta riscontrando, la spendibilità universitaria delle certificazioni linguistiche, da parte degli anche più accreditati enti certificatori, non è scontata.
Ma l'obiezione più potente verso la metodologia CLIL è di ordine didattico: non solo la metodologia CLIL resta di discutibile efficacia e sprovvista di evidenze scientifiche (che non siano il parere di tecnici, autorevoli nel loro parziale ambito), ma a fronte di un incerto risultato, di sicuro essa compromette l'apprendimento di discipline, che a livello liceale, costituiscono per uno studente, magari anche l'unica occasione della sua vita di rielaborare. Una scuola secondaria di secondo grado non può permettersi, per la sua specificità e costituzione, di inseguire mode e novità di per sé già accessibili e fruibili in modo più efficace e aggiornato attraverso altri canali e agenzie formative; non può permettersi di vedere ridimensionati i suoi obiettivi fondamentali, considerando che ha già subito un riduzione del monte ore di molte materie.
Del resto, come ha osservato il prof. Claudio Marazzini, presidente del'Accademia della Crusca, la perdurante "fuga dei cervelli", tutta italiana, non è stata consentita finora delle competenze in inglese dei nostri studenti, quanto da quelle disciplinari. Sarebbe penoso veder risolto il problema dell'esodo dei giovani togliendo la ragione della loro eccellenza nella preparazione culturale.
Va ricordato inoltre, a proposito di "trilinguismo", che una delle tre lingue in questione è quella italiana: la full immersion linguistica in cui vivono i giovani oggi non è garanzia di adeguato e ricco possesso della lingua italiana: non lo è mai stato (non si comprenderebbe la ragione dello studio della propria madrelingua a scuola, come ogni nazione fa) e tanto meno lo è oggigiorno, nella povertà espressiva che caratterizza il linguaggio giovanile praticato nei social media.
Lo si dica una volta per tutte: le discipline hanno un valore formativo che nessun contenuto mediato in una lingua che non sia quella madre può realizzare, non fosse altro per il fatto che molta parte del loro valore formativo passa attraverso la personalità dei docenti.
A quanti, tra politici e tecnocrati, sostengono che la ritrosia di fronte alla novità dell'insegnamento CLIL sia attribuibile alla pigrizia dei docenti e al loro tradizionalismo, va ricordato, non senza la profonda indignazione d'essere costante bersaglio di accuse e raramente oggetto di riconoscimento di meriti, l'enorme impegno professionale che in questi ultimi anni gli insegnanti hanno devoluto nell'aggiornamento di fronte alle incalzanti novità didattiche: dall'insegnamento per competenze all'applicazione delle nuove tecnologie alla didattica delle discipline.
Ultimo rilievo, di carattere tecnico-organizzativo, va riferito all'inquietante "albo CLIL": basti ricordare che una recente sentenza della Corte Costituzionale, in virtù dell'Art. 97 della Costituzione italiana, ha sancito l'incostituzionalità dell'assunzione in pubblici uffici di personale che non sia dotato di adeguati titoli, ottenuti per pubblici concorsi. Ogni stravolgimento dell'organico d'Istituto per far fronte alle esigenze imposte dall'insegnamento CLIL così concepito promette battaglie di ricorsi.
La proposta
In coerenza con quanto affermato sopra, si palesa la necessità di elaborare soluzioni alternative all'insegnamento CLIL, oltre al riesame dell'intero Piano Trentino Trilingue.
Ad ogni ulteriore considerazione va premesso che sono d'obbligo, in riforme di così ampia portata, la cautela circa i tempi e l'importanza del coinvolgimento in un aperto dibattito di tutte le parti interessate al processo formativo.
In particolare si chiede, in nome di una vera autonomia scolastica, che la Provincia si perituri di fissare gli obiettivi finali (che possono essere il traguardo di una certa certificazione linguistica di fine quinquennio per tutti gli studenti, o di una loro significativa percentuale), ma lasci ai singoli Istituti, in base alle reali risorse, gli strumenti e le modalità per raggiungere tali obiettivi.
Inoltre, in una più razionale distribuzione dei finanziamenti europei, si ritiene che la Provincia debba fornire alle famiglie in difficoltà economiche, dei bonus per sostenere i costi di certificazioni che siano davvero spendibili a livello nazionale e internazionale e/o dei fondi che consentano agli studenti di frequentare d'estate periodi presso famiglie, possibilmente in stages di volontariato, così da raggiungere una buona padronanza della lingua comunitaria, nella sua dimensione più quotidiana e veicolare.
Inoltre la proposta suggerisce di:
- fissare un massimo di monte ore (30?) in cui ciascuna classe del secondo biennio e della classe Quinta degli Istituti scolastici di secondo grado possa gestire a livello di Consiglio di Classe, con soluzioni modulari, l'impegno di una mediazione in una lingua comunitaria di parte dei propri contenuti disciplinari (es. lettura di documenti, testi, articoli di riviste scientifiche, film e documentari in lingua originale ecc.);
- consentire l'inclusione in tale conteggio anche di altre occasioni formative in lingua inglese e/o tedesca che non siano necessariamente lezioni in CLIL, quali spettacoli teatrali, visite d'istruzione e visite guidate, scambi con l'estero, stages ecc.
- contemplare l'assegnazione all'Istituto di un lettore con cattedra piena, così da consentire un'ora di conversazione settimanale in ogni corso per tutto l'anno scolastico, anziché pacchetti di ore come è pratica corrente.
- consentire raggruppamenti di classi anche in attività di approfondimento pomeridiano.

Nessun commento: