domenica 10 maggio 2015

Ecco perché e come dire NO ai test INVALSI


Proviamo a fare chiarezza sui motivi per cui riteniamo giusto rifiutare la logica, la teoria e la pratica dei test INVALSI.

Dei test invalsi non condividiamo innanzitutto l'impostazione culturale che ispira i test, e quindi il fondamento politico ed ideologico del loro progetto didattico: si basano su domande illegittime (come le definiva von Foerster), cioè domande che prevedono una sola risposta, e di cui si conosce già la riposta: quindi hanno lo scopo di verificare la prevedibilità e la programmabilità del comportamento dell'allievo e tendono a banalizzare i contenuti ed anche le modalità dell'apprendimento; nello svolgimento del quiz viene esclusa ogni possibilità di deviazione creativa e di interpretazione critica, nè è possibile evidenziare l'aspetto problematico delle situazioni. 
Il tipo di attitudine che viene valorizzato e sollecitato è quello di tipo classificatorio, nozionistico e formalistico, con lo scopo di preparare diligenti esecutori materiali, non cittadini coscienti o fantasiosi, liberi. Allora non vediamo perché dobbiamo essere costretti a partecipare a pratiche di standardizzazione delle verifiche e delle valutazioni nelle quali non ci riconosciamo.

Ma è solo per due giorni...
E' molto  rischioso anche il discorso di chi ci invita ad accettare comunque queste due giornate di sofferenza, visto che, tanto per il resto dell'anno scolastico restiamo padroni di organizzare la nostra didattica come vogliamo: proprio le esperienze recenti ci dimostrano che le consuetudini, una volta consolidate dalla pratica frequente, si trasformano facilmente in norme giuridiche e tali quindi da incidere in maniera sostanziale sull'attività didattica. Insomma il rischio è quello di vedersi imposta una programmazione finalizzata allo svolgimento del quiz (magari anche come prova dell'esame di stato), secondo l'orientamento che già è possibile verificare in alcuni libri di testo.

Non c'è alternativa?
Per lo stesso motivo non va assecondata la provocazione di chi ci chiede un'alternativa a questa modalità di verifica generale dei livelli di apprendimento: non ci deve essere nessuna valutazione universale da proporre e questo va visto come un valore piuttosto che come un limite. Ci sono aspetti formativi, oltre alla memoria e all'attenzione, che fortunatamente non possono essere misurati con criteri universalmente omogenei; si tratta, solo per fare qualche esempio, del pensiero critico nella riflessione e contestualizzazione, dell'attitudine al confronto dialettico, della disponibilità alla collaborazione, del rapporto con il proprio vissuto. Questi aspetti sono legati alla specificità del contesto e alla situazione personale dell'alunno e costituiscono la ricchezza e la varietà dell'esperienza educativa e non possono essere costretti in una griglia di valutazione universalmente valida o misurati con un lettore ottico come il codice a barre di una lattina di pomodori. Sarebbe invece preoccupante una popolazione scolastica nazionale o continentale o mondiale tutta catalogabile e quindi controllabile in base agli stessi criteri. 
Il rischio della partecipazione ad un sistema generale di valutazione, cioè, è proprio quello di contribuire, anche con una pratica di piccoli passi, ad un processo di omologazione e semplificazione delle coscienze.
Insomma qui non abbiamo semplicemente a che fare con Mike Bongiorno o con Jerry Scotti, questo non è intrattenimento, questo è l'Invalsi e sta organizzando il futuro nostro e dei nostri alunni.

Che fare allora? 
Innanzitutto ribellarsi, esprimere il dissenso e i motivi del disaccordo, non solo a dirigenti (loro i motivi li conoscono già), ma anche agli alunni e ai genitori che sono coinvolti come noi in questa situazione e danneggiati come noi da questo progetto culturale.
Poi è importante tener conto del fatto che la partecipazione alle rilevazioni invalsi non è obbligatoria nè per gli studenti nè per i docenti.

Negli ordini di servizio (e a volte anche sulla stampa) si fa riferimento in particolare all'art.51 comma 2 della Legge 53/2012, in base alla quale "le rilevazioni nazionali dell'apprendimento degli studenti ex L.174/2007 rientrano nell'attività ordinaria d'istituto", ma da questo non può derivare un obbligo di servizio: sono "attività ordinarie d'istituto" anche i viaggi d'istruzione a cui comunque non sono obbligati a partecipare i docenti che non ne abbiano espresso la disponibilità. 
D'altra parte, la Legge delega n° 53/2003 e il D.Lgs. n° 59/2004 e il CCNL Scuola non prevedono in alcun modo l’obbligo per il personale docente di somministrare i Test Invalsi (che non rientrano né nella funzione docente né tra altri obblighi di servizio) né prevedono che l’Invalsi possa utilizzare i docenti per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali. 

Al contrario, la possibilità per i docenti di rifiutare la partecipazione ad attività didattiche che non condividono è tutelata anche dall'art. 117 della Costituzione sull'autonomia delle istituzioni scolastiche e dall'art. 33 sulla libertà di insegnamento. 

Quindi all'ordine di servizio ci si può opporre con un “atto di rimostranza”, motivato per scritto (dovrei averne un modello da qualche parte nel mio computer, se può servire).

Comunque, anche se non si vuole arrivare ad un contenzioso di questo tipo, quest'anno la possibilità di non partecipare ai test invalsi è garantita dagli scioperi proclamati dai sindacati autonomi: 
1) Resta valido lo sciopero dell'intera giornata del 12 maggio proclamato dai COBAS e, 
2) per eventuali collocazioni in altre giornate (o per evitare un'altra intera e costosa giornata di sciopero), è possibile aderire allo “sciopero breve delle attività aggiuntive” indetto dai USB, in base al quale ci si può rifiutare di somministrare i quiz, comunicando l'adesione allo “sciopero breve di mansione”, o di correggerli, comunicando l'adesione allo “sciopero breve delle attività aggiuntive legate alla correzione”. 
Entrambe le modalità di sciopero breve sono state confermate dalla nota MIUR del 5 maggio, quindi sono legittime e praticabili, stando a quanto comunicato dallo stesso CUB sul sito.

Questo per quanto riguarda l'anno in corso e quindi i prossimi giorni. 
Per l'anno prossimo forse, verificando quanti di noi condividono lo stesso dissenso, è possibile organizzare da prima le modalità di opposizione contro i test (magari cercando di escluderle dal piano dell'offerta formativa) e le possibilità di collaborazione e di confronto con studenti e genitori. Intanto speriamo che, nell'immediato, i quiz gli vadano il peggio possibile.

Antonio Carapella

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