sabato 24 aprile 2010

riassumendo

I numeri: salvo l'Istituto Pozzo, che ha confermato senza nessuna polemica la sua tradizionale organizzazione basata su ore da 60 minuti e sabato libero, tutte le altre scuole saranno organizzate su unità orarie da 50 minuti, secondo le modalità previste dalla iniziativa innovativa della Giunta. Questa sostanziale uniformità, tuttavia, è stata disegnata in gran parte dalle decisioni dei consigli d'istituto (in 11 scuole) e dal meccanismo del silenzio assenso (in 7 scuole).

Altri numeri: prima che intervenissero i Consigli (organismi di governo degli istituti, formati da rappresentanti dei docenti, dei genitori, degli studenti e del personale ata), i Collegi dei Docenti chiamati ad esprimersi sulla questione, hanno sollevato infatti molteplici obiezioni riguardo al merito, alle modalità e anche alla legittimità dell'alternativa proposta: obiezioni che si sono concretizzate in forme diverse, a seconda delle specifiche circostanze,  dall'astensione, al voto contrario, alla scelta della cosiddetta "terza via". Ora, se si guarda alle maggioranze espresse dai collegi, solo in 7 scuole su 26 sono state  favorevoli alla proposta Dalmaso, la quale è stata inoltre approvata con una manciata di voti anche in altri sei collegi dove però la grande maggioranza dei docenti si è astenuta. In ben 13 collegi, infine, gli insegnanti hanno di fatto bocciato  l'assessore, scegliendo le ore da '60 minuti, oppure facendo mancare il quorum legale, o ancora votando mozioni simili a quella proposta dagli Stati generali che denuncia e rifiuta esplicitamente il ricatto a cui sono stati sottoposti gli insegnanti.
Facendo le somme, su un totale di quasi 2200 insegnanti della Provincia, l'iniziativa innovativa è stata approvata da poco più di cinquecento persone: poco meno di 1600 sono quelli che l'hanno bocciata.
La posta in gioco: per comprendere le ragioni di una tale clamorosa sollevazione da parte dei docenti, non ci si può accontentare - come fanno in questi giorni certi docili commentatori  - di risolvere tutto nella protesta pretestuosa o nel corporativistico rifiuto di fare i recuperi che il modello dei 50 minuti comporterà. Bisogna invece innanzitutto chiarire che i docenti trentini non erano affatto chiamati a scegliere tra la riforma Gelmini e quella Dalmaso, ma tra due varianti della stessa Dalmaso:  tra le due alternative proposte non c'è in realtà nessuna differenza dal punto di vista dell'orario di lavoro, perchè in entrambi i casi, ogni docente lavorerà per 1080 minuti a settimana. Semmai, grazie all'accordo con i sindacati che ha ridotto i recuperi da 110 a 70 ore annue, è proprio con il modello 50 che lavoreranno di meno. 
Il trucco: la differenza col modello Gelmini, sta nella riduzione del monte ore curricolare annuo, cioè nel totale delle ore che gli studenti passeranno a scuola per fare lezione il quale, nel modello Dalmaso, risulta inferiore al nazionale per tutti gli indirizzi. Come fa allora la Dalmaso a promettere di mantenere gli organici a fronte dei tagli voluti e dichiarati dalla Gelmini? Il trucco è la gradualità: la riforma nazionale si applica subito a tutte le classi, quella trentina comincia dalla prima e gradualmente si estenderà fino alla quinta, per cui i tagli si vedranno solo alla fine. Non solo: è facilmente prevedibile che le famose tre ore settimanali da recuperare a causa della riduzione dell'unità di lezione a 50 minuti, verranno gradualmente integrate nel normale orario di cattedra, che passerà nel giro di qualche anno dalle attuali 18 a 20 o 21 ore settimanali, producendo conseguentemente la riduzione delle cattedre che demagogicamente viene negata dall'Assessore.
Il ricatto: per nascondere tutto questo e per incentivare l'adozione della sua proposta innovativa, la Giunta Provinciale non ha esitato a minacciare esplicitamente i docenti, affermando che il rifiuto di questa proposta (e quindi la scelta delle ore da 60 minuti) avrebbe comportato l'immediato taglio di circa 200 posti di lavoro. Non contenta di ciò, come avvertimento, ha aumentato - unilateralmente e senza appello - di 4 decimi il coefficiente che si utilizza per il calcolo degli organici, portandosi avanti col lavoro e lasciando a casa i primi sfortunati.
Il rifiuto: è chiaro allora che tutta la vicenda dei 50 o 60, non è di natura didattica e nemmeno strettamente sindacale e tanto meno organizzativa. La stragrande maggioranza dei docenti - cogliendo l'unica occasione di esprimersi offerta dall'assessore - ha voluto rivendicare la propria dignità professionale. Chi ha votato contro la proposta Dalmaso, chi si è astenuto, chi è uscito dall'aula, chi ha votato di non scegliere e chi ha firmato la mozione degli Stati Generali, ha esplicitamente rifiutato innanzitutto la logica da cui discende tutta la riforma: una logica tristemente aziendalista che, con una mano - in nome della riduzione dei costi - misura col cronometro le prestazioni delle risorse umane e mira a proporre alla fascia medio bassa del mercato prodotti dotati solo delle funzioni di base, ma semplici da usare, mentre, con l'altra mano, si premura di offrire alla scuola privata tutti i mezzi necessari, in termini di autonomia e di risorse, da un lato per produrre i diplomati per la fascia alta del mercato, dall'altro per riciclare gli scarti.
La proposta: a fronte delle accuse di corporativismo, di conservazione e sterilità che ripetutamente l'Assessore Dalmaso, il Presidente Dellai e tutti i benpensanti continuano a rivolgere ai docenti, questi ultimi si stanno sbracciando da mesi per farsi ascoltare, avanzando proposte concrete e praticabili per realizzare una riforma che invece si orienti all'inclusione, all'eccellenza e all'innovazione: una riforma che faccia della scuola pubblica trentina un modello virtuoso, capace di interpretare davvero le esigenze dei ragazzi, delle famiglie e della società. E' chiaro però che una scuola così non si inventa da sola, semplicemente liberando un pacchetto di ore dal curricolo e dicendo agli insegnanti adesso arrangiatevi: c'è bisogno di ricerca, di sperimentazione, di formazione, di valutazione, selezione e motivazione. C'è bisogno quindi di investimenti, non di tagli.

nicola zuin e alessandro genovese

Nessun commento: