lunedì 26 aprile 2010

Dai prof un secco «no» a Dellai e Dalmaso

L'Adige, 26 aprile 2010

«Leggere che la scuola trentina si divide sulle ore da 50 o 60 minuti mi ha dato una grande tristezza. Mi sembra una discussione al di sotto delle potenzialità della nostra scuola, che merita di più che una discussione sulle ore, che è questione organizzativa». Così Lorenzo Dellai a proposito della diatriba che nelle scorse settimane ha visto impegnati i collegi docenti di tutte le scuole superiori della provincia. Affermazioni che condividiamo totalmente: anche noi consideriamo tale discussione ben «al di sotto delle potenzialità» della scuola trentina; e anche noi pensiamo che essa meriti molto di più. Quanto alla natura organizzativa, e non didattica, di tale discussione, anche in questo caso siamo d’accordo con Dellai. Peccato soltanto che quanto da lui sostenuto contraddica palesemente le posizioni espresse dalla sua giunta e dall’assessore Dalmaso.

Innanzitutto, Dellai dimentica che non è stata la scuola trentina a chiedere di esprimersi sulla durata delle lezioni, ma è avvenuto esattamente il contrario: è stata la Provincia a chiedere che i collegi docenti votassero su tale questione! Considerata parte integrante dell’«iniziativa innovativa» firmata PAT e basata sulla convinzione, rivendicata dallo stesso presidente, che le lezioni da 50 minuti siano «il modello migliore per avere maggiore flessibilità e per organizzare le unità di apprendimento».

A questa contraddizione ne segue un’altra, per certi versi ancora più grave: se è vero che la decisione sulle ore è di natura strettamente «organizzativa», per quale ragione è stato chiesto ai collegi docenti di deliberare in merito, visto che la loro competenza è di natura esclusivamente didattica? Delle due l’una: o Dellai e Dalmaso non hanno idea di ciò su cui sono chiamati a legiferare, il che sarebbe molto preoccupante; oppure hanno pensato e agito in malafede: il che sarebbe anche peggio.

A indebolire ulteriormente la posizione di Dellai/Dalmaso pesa poi una domanda cruciale, sulla quale il presidente ha ammesso di voler «aspettare di avere tutti i dati a disposizione prima di fare delle valutazioni»: come mai gran parte dei docenti ha deciso di astenersi, o addirittura di votare contro entrambe le opzioni, 50 o 60 minuti? I dati attesi da Dellai glieli forniamo noi, insieme alla risposta: perché questa è stata l’unica occasione in cui i docenti, sempre tenuti ai margini delle decisioni, hanno potuto dire la loro sulla riforma. E l’hanno detto in modo perentorio, come dimostrano appunto i numeri: su quasi 2200 insegnanti, poco più di 500 hanno aderito alla proposta della Provincia, ovvero alle lezioni di 50 minuti; i restanti quasi 1600 l’hanno rispedita al mittente, votando a favore dei 60 minuti, astenendosi o votando contro entrambe le opzioni (come proposto dagli Stati Generali), oppure abbandonando l’aula al momento della votazione. Dati, questi, altrettanto significativi se declinati sulle scuole: soltanto 7 istituti su 27 hanno condiviso la proposta Dalmaso, approvata poi, attraverso la subdola formula del «silenzio-assenso» e con una manciata di voti, in altri 6 collegi in cui ha prevalso l’astensione.

Successivamente, i Consigli delle istituzioni, organo che rappresenta anche genitori, studenti e personale Ata, hanno quasi ovunque rovesciato il voto dei collegi (e dunque il parere della maggioranza degli insegnanti). Un dettaglio da non trascurare, ma che non cambia la sostanza delle cose: la clamorosa protesta dei docenti, che non va interpretata soltanto come un rifiuto dell’opzione 50 o 60, bensì come un sonoro NO all’intera riforma della scuola. Un NO che Dellai e Dalmaso dovrebbero avere l’onestà intellettuale di leggere per quel che è: una secca bocciatura della loro idea di scuola, una sconfitta politica di cui prendere finalmente atto.

Alessandro Genovese e Nicola Zuin
portavoce degli Stati Generali della scuola trentina



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