venerdì 23 marzo 2012

Graduatorie abolite, insegnanti asserviti
ELIANA AGATA MARCHESE
L’azione di killeraggio della scuola pubblica è così ben organizzata che pare impossibile provenga da una
giunta che, almeno sulla carta (e sulle schede di chi, come molti colleghi docenti, l’ha votata), è di centro-sinistra. Dopo aver peggiorato la scuola con una riforma pessima, l’assessore Dalmaso si sta mettendo d’impegno per peggiorare gli insegnanti. L’abolizione delle graduatorie produrrà insegnanti asserviti, quindi insegnanti peggiori. Il sistema attuale prevede che l’aspirante docente, dopo la laurea, continui a studiare per conseguire l’abilitazione, titolo che ne certifica non solo le conoscenze, ma anche le competenze in ambito didattico. Dopo l’abilitazione, ci si può iscrivere alle graduatorie provinciali, da cui la Sovrintendenza attinge per conferire gli incarichi a tempo determinato, poi i posti di ruolo. L’attribuzione delle cattedre segue l’ordine della graduatoria, e si basa quindi sugli anni, altamente formativi, di esperienza. Conoscenza della disciplina (laurea), conoscenza dei metodi didattici (abilitazione), esperienza (anni di servizio, quindi posto in graduatoria): non è questo che vogliamo dagli insegnanti dei nostri figli? E poi: non vogliamo che il sistema di reclutamento sia equo e trasparente? Evidentemente no. Oggi pare che l’assessore Dalmaso, silenziosa paladina della modernità, voglia creare un “albo provinciale” e poi delegare il reclutamento alle scuole, ognuna delle quali bandirà un proprio concorso. Nell’Italia delle raccomandazioni, c’è davvero chi crede che questi concorsi premieranno sempre i migliori? In futuro per poter insegnare forse non mi basteranno le mie due lauree; dovrò magari ottenere la benevolenza di un dirigente, sperando che lui non abbia un “amico” da mettere al mio posto. Forse non importerà che io conosca Dante, dovrò essere solo una sorridente cortigiana. Quel che si sta buttando fuori dalla scuola oggi è lo spirito
critico: come faranno i professori a trasmetterlo ai ragazzi, se loro stessi non ne avranno? Come faranno a convincerli dell’importanza dello studio, se loro stessi non ci crederanno più? Questa riforma viene giustificata col pretesto di garantire la continuità didattica; ma si tratta, appunto, di un pretesto, per giunta ridicolo: basti pensare alla tragicomica ipotesi di creare cooperative di insegnanti, con cui attivare convenzioni; i professori, ridotti a juke-box a gettoni, non potranno in nessun caso impostare un progetto educativo sul medio-lungo periodo, ma salteranno qui e là, al bisogno. Un ottimo modo per essere definitivamente certi che i ragazzi non imparino proprio nulla, visto che in ambito educativo l’unico modo per arrivare da qualche parte è lavorare con fatica, e per un tempo lungo. Senza parlare del fatto che l’ulteriore precarizzazione del lavoro renderà i docenti demotivati e rassegnati. E, ancor peggio, asserviti. Non c’è niente di moderno in tutto questo. La demolizione del futuro dei nostri ragazzi, che troveranno un mercato del lavoro più difficile e avranno mezzi più scarsi per affrontarlo, nasce unicamente dall’imperativo del risparmio. Ma non è a danno dei giovani che dobbiamo rastrellare risorse. Quest’ennesima aggressione alla scuola trentina va fermata. Invito chi ancora crede in un’istruzione libera e di qualità – magari qualcuno sopravvive anche all’interno del Pd - a resistere, resistere, resistere. Questa riforma, su cui l’assessore non risponde ai sindacati ma i suoi uffici continuano a far trapelare indiscrezioni, avrà effetto immediato, ancor prima di essere approvata: noi insegnanti precari non potremo nemmeno esprimere il nostro dissenso; non firmeremo, ad esempio, una lettera come questa, per paura di perdere il posto di lavoro.
Eliana Agata Marchese
docente di italiano e latino al liceo “Russell” di Cles

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